L’ultimo caso noto risale all’altro giorno. Una food blogger ha fatto allo chef stellato Daniele Usai (Il Tino, a Fiumicino) la classica proposta indecente, che peraltro sembra parecchio diffusa: visibilità al ristorante sulla sua pagina Instagram in cambio di un pasto gratis. Stavolta il caso è emerso solo perché lo chef ha rifiutato e ha pubblicato tutto sui suoi social: “Lei mangia, paga e poi scrive quello che vuole”, avrebbe detto. Ma perlopiù simili mercimoni viaggiano sottotraccia. Inutile dire che il meccanismo somiglia da vicino a un vero pizzo, e che anche se non c’è scambio diretto di denari, ugualmente si tratta di beni (materiali come il cibo e immateriali come la protezione o la pubblicità) che passano illecitamente di mano.



Senza scomodare chi ha fatto davvero new economy nel settore (una per tutte Chiara Ferragni), seguendo etiche e imposizioni fiscali, è il caso di pesare il valore reale del fenomeno diffuso sul web riguardante influencer e blogger, due definizioni con denominatore comune: pubblicizzare direttamente un prodotto (elogiandolo o anche semplicemente indossandolo o mangiandolo o comunque facendosi riprendere in sua prossimità) o mascherando la promozione dietro il paravento dell’esercizio di critica. E nell’era della tastiera diffusa, chiunque, anche non esperto, è in grado di postare giudizi, impressioni e via dicendo, definendosi blogger-influencer sulla base dei follower attirati.



Le false recensioni. Qui si consuma il primo problema. La socialità web non ha freni, lascia spazio agli haters comodamente anonimi o a chi, come si diceva, usa il ricatto do ut des. Sono ben note le cause intentate da ristoratori, albergatori o prestatori di altri servizi stroncati da presunti clienti a volte inesistenti, a volte concorrenti diretti, a volte solo mancati estorsori. Cause difficili, complicate, spesso lasciate decadere. La rete statunitense The Verge ha informato che Amazon aveva eliminato dai suoi scaffali un paio di marchi scoperti a pagare gli acquirenti in cambio di recensioni positive. È stata accertata anche l’attività di certe agenzie specializzate nel prefabbricare, in cambio di denaro, recensioni fantastiche. Le associazioni delle varie categorie interessate invitano gli iscritti a presentare querela ogni volta si presenti il caso (magistratura, Autorità antitrust, Autorità garante della concorrenza, che già nel 2015 dietro ricorso di Federalberghi aveva sanzionato TripAdvisor, sentenza poi annullata dal Tar), ma in realtà si continua a soffrire della mancanza di una normativa specifica, cosicché la brand reputation resta ancora una zona grigia.



Influencer & fisco. C’è chi riesce a guadagnare anche 150 mila euro in un anno senza lasciare tracce evidenti per il fisco. Non mancano anche influencer con entrate cospicue che però dichiarano talmente poco da poter accedere al Reddito di cittadinanza. E ci sono poi gli evasori totali: tre ne sono stati scoperti dalla Finanza di Ravenna. Tra il 2020 e il 2021 avrebbero guadagnato almeno 400 mila euro in quella che per il fisco è a tutti gli effetti un’attività di “lavoro autonomo di tipo artistico professionale, soggetta a tassazione”. E invece i tre, uno di Ravenna, uno di Roma e l’ultimo di Napoli, pur facendo diverse operazioni bancarie, risultavano nullatenenti e senza alcun reddito. Il napoletano avrebbe guadagnato oltre 150 mila euro che non ha mai dichiarato per non perdere il Reddito di cittadinanza, circa 16 mila euro. La sua posizione è stata segnalata anche all’Inps, per la revoca del beneficio e la restituzione delle somme percepite finora.

A oggi in Italia non esiste ancora una vera regolamentazione giuridica per chiarire come devono essere dichiarati i guadagni on-line. Eppure l’on-line adversiting è a tutti gli effetti una fonte di reddito, che nel caso non superi i 5 mila euro potrà essere considerato occasionale, con esenzione Iva. Negli altri casi, l’Amministrazione finanziaria prescrive l’apertura di partita Iva, anche in regime forfettario, con l’obbligo di emettere regolari fatture. Bisogna anche aggiungere che, non esistendo una specifica cassa di riferimento, gli influencer dovrebbero iscriversi alla gestione separata Inps, con contributi da pagare sulla base del reddito imponibile, con aliquota del 26,23%.

Sembra tutto chiaro, ma non lo è affatto. Come si potrà calcolare, ad esempio, il guadagno di un influencer che riceve in dono da un brand oggetti o vestiti e che poi li mostra o li indossa magari in una story su Instagram? O (tornando al caso dell’inizio) che si fa offrire il pasto al ristorante in cambio di una recensione positiva sul suo social (diritto di critica)?

I guadagni. DeRev, azienda di strategia digitale, ha realizzato la prima indagine sul mercato degli influencer in Italia, individuando le categorie determinate esclusivamente dal numero di follower. Allora: ci sono i nano influencer, dai 5 ai 10 mila follower; seguono i micro influencer, da 10 a 50 mila follower, da 25 mila a 100 mila su Facebook; mid-tier influencer, da 50 a 100 mila su Youtube, da 50 a 300 mila su TikTok e Instagram, da 100 a 300 mila su Facebook; macro influencer, da 100 a 500 mila su Youtube e da 300 mila a 1 milione sugli altri social network; mega influencer, da 500 mila a 1 milione su Youtube, da 1 a 5 milioni sugli altri social e da 1 a 3 milioni su Facebook. E infine ecco le celebrities, con oltre 5 milioni di follower su Instagram e Facebook, oltre 1 milione su Youtube e oltre 3 milioni su Facebook.

Ed ecco i relativi guadagni. I compensi per i nano influencer su Facebook oscillano dai 50 ai 250 euro a post. Da 250 a 750 euro per i micro influencer, da 750 a 1.000 per i mid-tier, da mille a 2500 per i macro e da 5 a 15mila a post per le celebrities. Con Youtube si parte da 500 a 1.000 euro per ogni video pubblicato dai nano influencer, da 1.000 a 2.500 per i micro, da 15 a 25mila per i mega e da 25mila a 50mila per le celebrities. Su Instagram si parte dai 50 ai 250 euro a post per i nano influencer, ai micro influencer vanno dai 250 ai 500 euro a post pubblicato, i mid-tier da 500 a 2500 euro, i macro influencer da 2500 a 5 mila euro, i mega dai 5 ai 15 mila euro, per finire con i 15-60 mila euro per le celebrities. TikTok: da 50 a 2.500 per un video postato dagli influencer con meno follower e tra i 15 mila e i 60 mila per quelli che invece hanno più “seguaci”.

Non si pensi che il fenomeno riguardi solo i settori del superfluo, il food o il fashion. Al contrario. “Stiamo assistendo – dice Roberto Esposito, ceo di DeRev – a un trend che vede un numero sempre crescente di influencer (e relativi follower) concentrarsi sull’educazione finanziaria attraverso contenuti su investimenti, e gestione delle finanze personali. Fintech, Crypto, Startup, Crowdfunding e Trading sono temi destinati a diventare centrali negli interessi degli utenti e, considerata la propensione a informarsi sui social media, chi ne parla con contenuti di qualità sta riscuotendo ottimi risultati in termini di crescita follower ed engagement”.

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