In Australia la scorsa estate, quando in quell’emisfero è inverno, l’epidemia di influenza è stata la peggiore degli ultimi cinque anni. Adesso, come sempre succede, questa epidemia è arrivata da noi in Europa. Secondo Fabrizio Pregliasco, professore associato di Igiene generale e applicata all’Università degli Studi di Milano e direttore Irccs Galeazzi-Sant’Ambrogio, “ci saranno morti, come sempre succede con l’influenza, di solito se ne registrano tra i 5 e i 15mila”.



L’influenza cosiddetta australiana colpirà in modo particolarmente forte, ci ha detto ancora, “perché per due anni, grazie all’uso delle misure di precauzione sanitaria come le mascherine anti-Covid, non si era registrato praticamente nessun caso. Quindi le persone, in particolare i bambini piccoli, hanno meno anticorpi, sono meno preparati a difendersi”.



Che cosa caratterizza questa nuova ondata di influenza?

Dopo due anni di quasi assenza, grazie alle misure di protezione prese contro il Covid, l’influenza è ripartita alla grande con una variante nuova, perché l’influenza e il Covid hanno le stesse caratteristiche peculiari che li rendono così fastidiosi.

Quali?

Sono virus non stabili. Altri virus evolvono con tempi molto lunghi, questi due invece, come abbiamo purtroppo imparato bene dal Covid, evolvono male.

Cosa significa che evolvono male? Sono soggetti a molte variazioni?

Sì, fanno variazioni continue. Per fare un esempio banale, questi due virus è come se fossero prodotti da una cuoca maldestra, che sbaglia sempre ricetta. Mentre le altre cuoche seguono sempre le indicazioni non sbagliando né cambiando ingredienti, influenza e Covid vengono prodotti “male” e diventano la nuova torta, cioè il nuovo virus.



Quali soggetti sono più a rischio?

La diffusione nei bimbi piccoli è più facilitata. Tantissimi di loro sono molto suscettibili. Non avendo subìto il Covid, vengono attaccati facilmente dall’influenza, così anche noi adulti. Ogni anno la quota delle persone colpite dipende da chi l’ha avuta o no l’anno precedente e ha ancora o meno una capacità di risposta, anche se il virus è cambiato. Le caratteristiche sono le stesse di sempre, ma se ne sente il peso sul servizio sanitario, perché i genitori, in carenza degli aspetti territoriali, si recano al pronto soccorso specie se si tratta del primo figlio: vedendolo colpito da una febbre a 40, si spaventano.

Come riusciamo a capire che si tratta di influenza e non di Covid?

L’influenza, in epoca pre-Covid, riuscivamo a riconoscerla in quel gran marasma che sono i virus respiratori, visto che ce ne sono ben 260, che causano diversi tipi di malattia. Ad esempio, il rhinovirus, quello più comune, che provoca il gocciolamento del naso. Altri causano forme più banali, anche se alla fine tutti dicono: ho fatto l’influenza.

Quindi?

La vera influenza si riconosce per l’insorgenza brusca della febbre oltre i 38 gradi e la contemporanea presenza di due caratteristiche: un sintomo generale, che sono i dolori muscolari, e il sintomo della fatica respiratoria. La sfortuna è che con il Covid, che è ancora presente, le cose si pasticciano, perché il Covid distribuisce tutto il ventaglio di forme sintomatiche, dalle polmoniti virali primarie, che l’influenza causa raramente, e le altre forme per cui il tampone diventa l’unico modo di diagnosticarla.

Quale approccio medico conviene usare?

L’automedicazione responsabile, usando farmaci sintomatici antinfiammatori, per attenuare i sintomi, non la malattia. E se dopo due o tre giorni le cose non cambiano, meglio rivolgersi al medico, che fornirà gli appositi antibiotici.

Il picco è previsto per Natale?

Seguendo la normale curva degli andamenti epidemiologici, sappiamo che adesso siamo nella terza settimana di crescita. Ogni epidemia influenzale dura circa otto settimane, quindi arriveremo al picco fra tre o quattro settimane.

Colpa anche del fatto che, non essendo in estate, si tende a stare in molti in ambienti chiusi? Quali consigli, allora, si possono dare?

Prima di tutto, non perdere l’opportunità della vaccinazione. È importante, perché la vaccinazione dei soggetti fragili riduce l’impatto sul Servizio sanitario nazionale. E poi è giusto ricordare che, se l’obbligo delle mascherine non è più in vigore, questo non significa che sia vietato usarle, specie se abbiamo un anziano fragile in casa.

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