Il salto di specie da animale a uomo, per i virus, non è raro. Lo abbiamo visto con l’influenza suina nel 2009, ma anche con il virus della Spagnola, dell’Asiatica e quello Hong Kong, tutti nel secolo scorso. Ilaria Capua, virologa, sulle pagine del Corriere spiega che la stessa cosa sta succedendo anche con l’aviaria. Pochi giorni fa il virus è stato trovato nel latte di mucche allevate per la produzione di latte ed è considerato il responsabile di una recente malattia che sta colpendo diversi allevamenti proprio di mucche, in almeno 5 Stati Usa.



Non finisce però qui. Un operatore agricolo a contatto con animali infetti ha riportato a sua volta il virus, presentando una congiuntivite acuta. Le indagini dovranno ora chiarire quanto è diffusa l’infezione da aviaria sul territorio americano: partiranno, come spiega il Corriere, programmi specifici di sorveglianza per comprendere in quali allevamenti sia presente l’infezione. Questi riguarderanno anche l’Europa, che ha fatto registrare un certo numero di casi già da mesi.



Ilaria Capua: “Il virus dell’aviaria ha una capacità”

L’influenza aviaria continua a viaggiare e dopo essere stata riscontrata in alcuni allevamenti di mucche, ha colpito anche un uomo, appunto un operatore agricolo. Come spiega il Corriere, mentre proseguono le indagini, “gli operatori che si avvicinano o entrano in contatto con i bovini dovranno proteggersi perché il rischio di infezione umana c’è”. Infatti, più il virus circola tra gli animali e maggiore sarà il rischio che anche le persone possano infettarsi. Già in passato il virus ha mostrato abilità nel salto di specie: dunque non è escluso che ben presto si possa parlare di un’epidemia anche tra gli esseri umani. Un’ipotesi che, ovviamente, gli esperti vogliono scongiurare, muovendosi in anticipo rispetto alla malattia.



Ilaria Capua, sulle pagine del quotidiano, spiega che “la verità è che al di là dell’infezione negli animali, che bisognerà gestire con solerzia, questo virus ha una ben nota capacità di riassortirsi (ovvero di ibridarsi) con altri virus influenzali, e generare una progenie virale con caratteristiche a noi sconosciute, che anche soltanto in quanto tali, devono essere affrontate in maniera attenta, approfondita e lungimirante”.