Influenza aviaria nei bovini, è epidemia in Usa. I ricercatori stanno conducendo studi approfonditi per capire come stia avvenendo la diffusione e soprattutto trovare una soluzione per scongiurare il rischio che il virus possa essere trasmesso da animali all’uomo. In merito alle principali modalità di contagio, un recente studio condotto in Texas e pubblicato sulla rivista Nature ha scoperto che, a differenza di quanto inizialmente si credesse, la principale causa non è il respiro di goccioline di aerosol da altre mucche, ma il latte infetto.
Nello studio infatti gli scienziati hanno fatto un esperimento mettendo mascherine protettive sulle vie aeree dei bovini. Il risultato però è stato la rilevazione dell’aviaria anche nei vitelli che erano stati protetti, con test positivi agli anticorpi anti H5N1. Questo ovviamente non significa che i virus si possa diffondere anche con tramite le vie respiratorie, in quanto, specialmente nelle stalle affollate con spazi ristretti, è facile che avvenga la trasmissione tra animali per via aerea, e che poi l’agente patogeno venga successivamente diffuso tramite latte.
Influenza aviaria bovini, studio scopre la maggiore modalità di diffusione oltre al respiro, è il latte infetto
Epidemia di influenza aviaria nei bovini in Usa. I ricercatori stanno studiando il fenomeno che precedentemente non era mai stato rilevato, ma che dimostra la facile mutabilità del virus H5N1, che si sta espandendo colpendo sempre più specie dagli uccelli ai mammiferi con qualche caso confermato anche nell’uomo. Per gli scienziati che hanno studiato le modalità di contagio, il fatto che la principale causa potrebbe essere il latte infetto, rappresenta una buona notizia, perchè significa che si riduce il rischio di trasmissione alle persone, soprattutto per chi lavora negli allevamenti e sta a stretto contatto con le mucche per molte ore al giorno.
Tuttavia la situazione resta attentamente monitorata perchè, come ha affermato il virologo Thomas Peacock, dell’Imperial College di Londra, che come riporta Adnkronos ha commentato i risultati della ricerca con cautela, poichè: “Ciò non significa che il virus non possa cambiare, se questa epidemia continua al ritmo attuale“.