La più grande epidemia finora osservata in Europa. Così è definito il numero di casi di infezione da virus ad alta patogenicità (HPAI) di influenza aviaria in volatili selvatici e domestici rilevato da un monitoraggio condotto dall’EFSA, dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie e dal Laboratorio di riferimento dell’Ue.
Il documento segnala tra l’11 giugno e il 9 settembre 2022 788 casi in 16 Paesi dell’Ue, See (Spazio economico europeo) e nel Regno Unito: 56 nel pollame, 22 nei volatili in cattività, 710 in quelli selvatici. Ma a livello complessivo i numeri sono ancora più allarmanti: la stagione dell’HPAI in corso ha prodotto un totale di 2.467 focolai nel pollame e 47,7 milioni di volatili abbattuti negli stabilimenti interessati dal virus. E a questi devono aggiungere 187 notifiche di rilevamenti in uccelli in cattività e 3.573 casi di HPAI in uccelli selvatici.
Si tratta di dati senza precedenti così come senza precedenti è l’estensione geografica della malattia: i casi segnalati vanno dalle isole Svalbard in Norvegia al Portogallo meridionale fino all’Ucraina, per un totale di 37 Paesi europei.
Il virus – si legge in una nota dell’Efsa – ha raggiunto le colonie di riproduzione di uccelli marini sulla costa atlantica settentrionale e su quella del Mare del Nord, causando una massiccia mortalità, in particolare in Germania, Francia, Paesi Bassi e Regno Unito. E la diffusione dell’infezione nei volatili selvatici rappresenta un forte rischio anche per quelli domestici. L’Efsa raccomanda quindi “una celere messa in atto di adeguate, sostenibili strategie di attenuazione dell’HPAI, tra cui appropriate misure di biosicurezza e strategie di sorveglianza per l’individuazione precoce del virus”. Ma non solo. L’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare sollecita anche strategie di prevenzione a medio e lungo termine per le aree densamente popolate e nei sistemi di produzione avicola altamente esposti all’influenza aviaria”.
La buona notizia è che per l’uomo i rischi sarebbero limitati. Il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC), che ha contribuito alla stesura del rapporto, ha concluso che nell’Ue/See il pericolo di infezione per la popolazione umana in genere è basso, e da basso a medio per i soggetti esposte per motivi professionali, con elevato grado di incertezza dovuta all’estrema diversità dei virus dell’influenza aviaria che circolano nelle popolazioni di volatili. E anche il pericolo di trasmissione all’uomo attraverso l’esposizione a prodotti derivati dal pollame contaminati è ritenuto trascurabile.
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