Preoccupazione in Europa dopo l’allarme in Polonia relativo all’aviaria dei gatti. In due settimane sono stati registrati una trentina di casi geneticamente correlati fra loro nel Paese europeo. Il focolaio di influenza aviaria A/H5N1 ha allarmato anche l’OMS che ha precisato che si tratta della prima “segnalazione di un numero elevato di gatti infetti in un’ampia area geografica all’interno di un Paese“. Dopo aver ricevuto dalle autorità sanitarie polacche la notifica di “decessi insoliti nei gatti in tutto il Paese. All’11 luglio sono stati testati 47 campioni prelevati da 46 gatti e un caracal in cattività, di questi 29 sono risultati positivi all’influenza A/H5N1“, l’OMS si è messa in moto.
Come riportato dall’OMS, “14 gatti sono stati soppressi e altri 11 sono morti, con l’ultimo decesso segnalato il 30 giugno”. L’infezione da A/H5N1 nei felini non è nuova: era già stata segnalata ma in maniera “sporadica”: non si parlava dunque di un focolaio. Come confermato dall’analisi genetica, il ceppo di virus è molto simile a quello che ha provocato focolai anche in altri animali come uccelli selvatici e allevamenti avicoli in Polonia.
La possibile causa del contagio
Come spiega Il Fatto Quotidiano, resta sconosciuta la fonte del contagio dell’aviaria nei gatti anche se l’OMS al momento non esclude nessuna ipotesi. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha spiegato che “I gatti potrebbero avere avuto contatti diretti o indiretti con uccelli infetti o con i loro ambienti, mangiato uccelli infetti o cibo contaminato dal virus”. I campioni positivi all’influenza sono stati individuati in 13 aree geografiche differenti della Polonia. I gatti hanno riportato sintomi come difficoltà respiratorie, diarrea sanguinolenta e segni neurologici.
Come sottolineato ancora dall’OMS, il rischio di infezioni umane “è valutato basso per la popolazione generale e da basso a moderato per i proprietari di gatti e per coloro che sono esposti professionalmente a gatti con infezione da H5N1 (come ad esempio i veterinari) senza l’uso di adeguati dispositivi di protezione”. L’Organizzazione comunque continua a monitorare la situazione, lavorando a stretto contatto con la sanità animale e pubblica.