L’influenza è tornata, dopo un anno di assenza. Con l’allentamento delle misure di contenimento, i virus stagionali possono riapparire. E questo è il caso appunto dell’influenza. Il professor Alberto Villani, che dirige il reparto di pediatria all’ospedale Bambin Gesù di Roma, ha già riscontrato le prime infezioni respiratorie tra i bambini. «Non abbiamo ancora influenze vere e proprie, ma diversi casi di adenovirus del raffreddore, metapneumovirus e virus respiratorio sinciziale. In pochi giorni abbiamo visto un numero equivalente all’intera pandemia», ha dichiarato a Repubblica. L’anno scorso, invece, non ci sono stati proprio casi di influenza, mentre i rinovirus del raffreddore si erano ridotti a un terzo. Quest’anno invece la situazione è differente, infatti la Regione Lazio ad esempio ha già deciso di procedere con le vaccinazioni antinfluenzali. L’Italia si è già assicurata 19 milioni di dosi, due milioni in più rispetto alla campagna dello scorso autunno.



Il problema è che i vaccini contro l’influenza potrebbero non combaciare con i ceppi che effettivamente circoleranno. «Quest’anno due dei quattro componenti del vaccino sono stati sostituiti rispetto all’inverno scorso», ha assicurato a Repubblica Antonino Bella, che è responsabile della rete di sorveglianza Influnet dell’Istituto superiore di sanità (Iss).



IL RITORNO DELL’INFLUENZA E IL “REBUS” VACCINI

L’aggiornamento dei vaccini contro l’influenza è normale, avviene ogni anno. Ed è quello che gli esperti ritengono possa accadere in futuro per quelli anti Covid. L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) durante l’estate boreale osserva quel che accade nell’emisfero sud, isola i ceppi più diffusi e fornisce le indicazioni alle case farmaceutiche su come aggiornare le fiale per l’inverno boreale. Un percorso che comincia a febbraio e termina a ottobre. L’efficacia del vaccino però varia a seconda delle componenti che coincidono con i virus che effettivamente circolano, quindi si va dal 40 al 70%. Il problema quest’anno è che i virus di influenza isolati nel 2020 sono stati 51, invece di solito sono migliaia, quindi non è detto che i ceppi prescelti siano quelli giusti.



Ma Antonino Bella comunque non è preoccupato: «Sappiamo che il patogeno dell’influenza è difficile da prevedere. I virus isolati in Australia potrebbero mutare nel passaggio verso l’emisfero nord. È normale che l’autunno si presenti con un punto interrogativo, accade sempre». A Repubblica ha spiegato anche che, pur aspettandosi una stagione influenzale più intensa, non sarà a livello di quelle pre-Covid. Ci sono poi medici che ipotizzano un indebolimento del nostro sistema immunitario, che l’anno scorso non si è “allenato” contro l’influenza. La raccomandazione resta quella, anche in questo caso, di vaccinarsi.