Dall’ultima Relazione istituzionale dell’Inps risulta che – per quanto riguarda le misure di ristoro per gli effetti della pandemia fino al 19 ottobre 2020 – l’Istituto ha erogato, a vario titolo, un ammontare di risorse superiore a 26 miliardi a favore di oltre 14 milioni di beneficiari. Come sappiamo, anche nei mesi successivi le erogazioni non hanno accennato a diminuire. Per avere un’idea delle dinamiche basta soffermarsi a esaminare – anche perché si tratta dei dati disponibili più recenti resi noti dal consueto monitoraggio mensile – il trend di dicembre relativamente alle varie tipologie di Cig con riferimento a novembre e al mese corrispondente del 2019. 



Cig ordinaria. Le ore di cassa integrazione ordinaria autorizzate a dicembre 2020 sono state 104,6 milioni e si riferiscono quasi interamente alla causale “emergenza sanitaria Covid-19”. Nel mese di novembre 2020 erano state autorizzate 173,3 milioni di ore: di conseguenza, la variazione congiunturale è del – 39,7%. Nel mese di dicembre 2019 le ore autorizzate erano state 8,8 milioni.



Cig straordinaria. Il numero di ore di cassa integrazione straordinaria autorizzate dicembre 2020 è stato pari a 14,6 milioni, di cui 2,3 milioni per solidarietà, registrando un incremento pari al 94,2% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente nel quale erano state autorizzate 7,5 milioni di ore. Nel mese di dicembre 2020 rispetto al mese precedente si registra una variazione congiunturale pari al +47,5%.

Cig in deroga. Gli interventi in deroga sono stati pari a 70,1 milioni di ore autorizzate a dicembre 2020. La variazione congiunturale registra, nel mese di dicembre 2020 rispetto al mese precedente, un decremento pari al 5,0%. A dicembre 2019 le ore autorizzate in deroga erano state circa 6 mila. 



Fondi di solidarietà. Il numero di ore autorizzate a novembre 2020 nei fondi di solidarietà è pari a 117,5 milioni e registra un decremento rispetto al mese precedente pari al 9,1%. Nel mese di dicembre 2019 le ore autorizzate erano circa 369 mila.

Eppure l’Inps e la sua governance continuano a essere nel mirino delle critiche proprio per quanto concerne la corresponsione della Cig. Non c’è trasmissione televisiva che non denunci i ritardi e che non presenti qualche lavoratore che denunci di non aver ottenuto un solo euro o di averlo ricevuto in grave ritardo. Proprio ieri un importante quotidiano nazionale ha dedicato un lungo servizio a queste carenze dell’Istituto evidenziando una situazione seria e preoccupante; ma l’aspetto incomprensibile è che non ne vengano spiegati i motivi. I ministri competenti, il presidente Tridico, interpellati in proposito, continuano a fare promesse e a indicare scadenze definitive. “Il 2020 è stato disastroso per la Cig – ha riconosciuto il ministro Catalfo – è ora di semplificare. E se quello passato è stato l’anno dell’Inps, in prima linea sulle politiche passive, questo sarà l’anno dell’Anpal per le politiche attive. Confido nel presidente Parisi, c’è molto da fare”. 

Ma quanto è emerso oggi nel servizio giornalistico non può che aumentare le preoccupazioni: sarebbero in giacenza 200mila pratiche, almeno un terzo risalenti a marzo, mentre 1,2 milioni di lavoratori sono in attesa di percepire le prestazioni Cig spettanti. Con i ritmi di incremento mensile che abbiamo visto nel caso di dicembre c’è da aspettarsi una situazione ancora più critica. Ma – pur ammettendo tutte le circostanze eccezionali del 2020 – i soggetti interessati, l’opinione pubblica hanno diritto di sapere che cosa sta succedendo nell’Ente che rappresentava l’eccellenza dell’amministrazione e che ha a disposizione un know how informatico – si diceva un tempo – a livello del Pentagono con il quale entra in tutte le aziende e in tutte le case degli italiani. Certo, nel 2020, il sistema istaurato da Gianni Billia ha avuto parecchie defaillance. 

Viene da porsi una domanda consultando le Relazione istituzionale del presidente Tridico dell’ottobre scorso. “L’Inps si è adeguato alle decisioni del Governo e ha assicurato in via ordinaria lo svolgimento delle prestazioni lavorative in forma agile di tutto il personale, circa 28 mila dipendenti. La presenza negli uffici è stata limitata al massimo, autorizzando l’accesso soltanto ai dipendenti incaricati di assicurare le attività indifferibili da rendere in presenza. Nel mese di marzo 2020, il 90,53% dei dipendenti dell’Istituto ha svolto l’attività lavorativa in smart working; la percentuale è andata via via aumentando fino a raggiungere nel mese di agosto 2020 il 93,73%. La media dell’intero periodo marzo-agosto 2020 è stata pari al 92,86%”. Non ci sarà questa limitatissima presenza negli uffici a spiegare ritardi altrimenti incomprensibili? 

Ieri, nell’ambito del servizio citato, anche Guglielmo Loy il Presidente del Civ (è questo l’organismo di indirizzo e vigilanza in cui siedono gli stockholder, ovvero i rappresentanti delle parti sociali) ha fornito alcune spiegazioni a proposito dei ritardi, mettendo il dito sulle motivazioni effettive. “Purtroppo il sistema informatico – ha detto Loy – non è stato tarato a sufficienza per elaborare milioni di domande”. Poi ha ammesso che “un difetto di comunicazione senz’altro c’è stato, con rimbalzi di mail e tutto da remoto”, confermando implicitamente le considerazioni di cui sopra. Ma Loy ha lanciato un grido d’allarme sui conti dell’Inps, prefigurando un disavanzo di 20 miliardi di cui 15,7 attribuibili alla Cig da Covid-19. 

A questo punto le parole del Presidente del Civ diventano pietre: l’applicazione della misura straordinaria “è stata anticipata da Inps attingendo ai suoi fondi”. In sostanza, per interpretare queste affermazioni si deve pensare che Loy si riferisca a un problema di cassa, in quanto i vari stanziamenti contenuti nella sequela dei decreti l’Inps se li ritroverà, nel bilancio di competenza come crediti da parte dello Stato. Che cosa significa questa alchimia finanziaria? Forse il Tesoro, quando si è trattato di pagare, ha detto all’Inps: “Vai avanti tu che a me viene da ridere”?