Claude Monet aveva ragione. Il pittore, in una lettera alla moglie nel marzo 1901, scriveva di avere difficoltà a dipingere a causa dei cambiamenti climatici. In quegli anni, i fumi industriali si innalzavano in abbondanza dai motori a vapore di barche e treni, tanto che dietro alla caratteristica foschia delle sue opere potrebbero esserci proprio l’inquinamento atmosferico. A dimostrarlo, come riportato dalla Cnn, è stato uno studio condotto da Anna Lea Albright della Sorbonne University e da Peter Huybers della Harvard University, pubblicato sulla rivista statunitense Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS).
“Lavoro sull’inquinamento atmosferico e mentre vedevo i dipinti di Turner, Whistler e Monet alla Tate di Londra e al Musée d’Orsay di Parigi, ho notato trasformazioni stilistiche nelle loro opere”, ha dichiarato Anna Lea Albright. “I contorni dei loro dipinti sono diventati più sfocati, la tavolozza è apparsa più bianca e lo stile è cambiato da più figurativo a più impressionista: questi cambiamenti si accordano con le aspettative fisiche su come l’inquinamento atmosferico influenza la luce”. Il team di ricerca è arrivato a questa conclusione dopo avere analizzato diverse centinaia di opere, che avevano dei punti in comune.
“Inquinamento atmosferico influenza la luce”, lo studio sui dipinti di Monet
L’attenzione dei ricercatori si è concentrata su Claude Monet e William Turner perché hanno dipinto in modo prolifico innumerevoli paesaggi urbani, spesso con motivi ripetuti, evidenziando come l’inquinamento atmosferico sia capace di influenzare la luce. “In generale, esso fa apparire gli oggetti più sfocati, rende più difficile identificare i loro bordi e conferisce alla scena una tinta più bianca, perché l’inquinamento riflette la luce visibile di tutte le lunghezze d’onda”, ha detto Anna Lea Albright.
Il team ha cercato queste due metriche, sfumatura dei bordi e bianchezza nei dipinti, convertendole in rappresentazioni matematiche basate sulla luminosità, e poi ha confrontato i risultati con stime storiche relative ai cambiamenti climatici. È emerso che il collegamento tra i due fattori era indipendente da questioni stilistiche. Ciò è confermato anche che i periodi diversi di industrializzazione di Londra e Parigi, dove i due artisti vivevano, si riflettono nelle loro opere. Nell’arco di tempo di riferimento, dal 1796 al 1901, fu estratta infatti un’enorme quantità di carbone. La sola Gran Bretagna è passata dalla produzione di 2,9 milioni di tonnellate di carbone all’anno nel 1700 a 275 milioni di tonnellate nel 1900. Un fenomeno che non sfuggì all’occhio attento dei pittori.