Come al giuoco del “Monopoli”, facciamo “tre passi indietro”. Come è noto, il 15 dicembre 2021 il Governo ha introdotto per tutto il personale del sistema nazionale di istruzione, sia pubblico che privato, l’obbligo del c.d. “green pass rafforzato”, ottenibile solo dai vaccinati o da chi era guarito dal Covid-19. Il mancato rispetto dell’obbligo vaccinale comporta(va) “solo” la sospensione del rapporto di lavoro senza corresponsione della retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominato.



E ora veniamo ai giorni nostri. A fronte del progressivo “indebolimento”/contenimento della pandemia e nell’ottica di un progressivo riavvicinamento alla normalità, con il Decreto Legge n. 24 del 24 marzo 2022, il Governo, nel confermare l’obbligo vaccinale per il personale scolastico fino al 15 giugno 2022, ha però eliminato la necessità del “green pass rafforzato” per poter accedere al luogo di lavoro. Dal 1 aprile è quindi possibile riprendere il lavoro anche se ci si è sottoposti all’arcinoto “tampone”. O meglio: gli insegnati che hanno il “green pass rafforzato” continuano regolarmente la loro attività di docenza, mentre quelli che sono “solo” tamponati vengono assegnati ad “attività di supporto alla istituzione scolastica” (ad esempio, “le attività a carattere anche a carattere collegiale, di programmazione, progettazione, ricerca, valutazione, documentazione, aggiornamento e formazione“: nota ministero dell’Istruzione del 28/03/2022). Questa differenziazione ha sollevato numerose critiche, acuite dal fatto che solo per le scuole pubbliche sono stati stanziati danari per far fronte ai costi connessi al rientro in servizio dei docenti con “green pass base”. 



Ma c’è (purtroppo) di peggio. Che destino hanno i docenti che hanno deciso di non vaccinarsi e di non sottoporsi al tampone? Ecco, “questo è il problema” (come direbbe il principe Amleto). Le nuove norme nulla dispongono in merito alle conseguenze del mancato possesso/esibizione del “green pass base”. Questa lacuna normativa risulta estremamente problematica in quanto il legislatore, con una vera e propria “sforbiciata”, ha cancellato la disposizione che in precedenza prevedeva, per il personale del settore scolastico non vaccinato, la sospensione del rapporto di lavoro senza corresponsione della retribuzione né altro compenso o emolumento (art. 9-ter del D.L. n. 52 del 22/04/2021). In mancanza di una norma specifica, il docente senza “green pass base”, oltre a non poter accedere al luogo di lavoro corre il rischio di essere considerato dal datore di lavoro come assente ingiustificato ed è quindi esposto all’ulteriore rischio di un procedimento disciplinare (che potrebbe culminare anche nel licenziamento per assenza ingiustificata, appunto). 



In tale situazione il ministero dell’Istruzione è corso ai ripari con una Circolare del 05/04/2022: non potendo più far riferimento alla norma abrogata, il Ministero ha ritenuto di applicare a tutto il personale scolastico che non possieda o esibisca il green pass, l’art. 9-quinquies del D.L. 52/2021. Tale norma, in maniera simile rispetto all’ormai “tagliato” art. 9-ter, prevede la sospensione del rapporto di lavoro per il personale che risulti privo del green pass o del tampone senza conseguenze disciplinari e senza retribuzione e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro. 

La Circolare del Ministero è stata largamente diffusa dai sindacati della scuola pressoché a tutti gli Istituti, sia pubblici sia privati. Senonché l’interpretazione ministeriale presta il fianco a diverse critiche. Vediamone alcune: la norma richiamata nella circolare si applica espressamente solo “al personale delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, al personale di cui all’articolo 3 del predetto decreto legislativo, al personale delle Autorità amministrative indipendenti, ivi comprese la Commissione nazionale per le società e la borsa e la Commissione di vigilanza sui fondi pensione, della Banca d’Italia, nonché degli enti pubblici economici e degli organi di rilievo costituzionale“. A ciò si aggiunga che, com’è arcinoto, non tutto il personale della scuola ha un datore di lavoro pubblico, il che stride ulteriormente con quanto affermato dal Ministero. 

La norma richiamata rientra inoltre nel novero della normativa emergenziale che, in quanto legge speciale, non dovrebbe essere suscettibile di interpretazione analogica e/o estensiva. È altresì generale principio dell’ordinamento che se in un disposto normativo non è stata prevista una fattispecie o non è stato analizzato un determinato aspetto, si deve presupporre che il legislatore non lo abbia voluto normare (ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit), sicché la lacuna generata dal “taglio” del legislatore non può essere colmata “incollando” un’altra norma. E si potrebbe continuare. 

Insomma, il “taglio” dell’art. 9-ter corre il rischio di fare “vittime”, nonostante la “toppa” che ha cercato di mettere il Ministero. A meno che, in sede di conversione del D.L., non sia il Governo a rimediare.

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