Insegnare nelle scuole paritarie non fa curriculum: questa è, in estrema sintesi, la risposta fornita dalla Cassazione in merito a un ricorso presentato da alcune docenti, che chiedevano che il loro servizio svolto prima di immettersi nel sistema scolastico statale venisse riconosciuto a tutti gli effetti. Ancora una volta, però, gli “ermellini” hanno espresso parere negativo in tal senso e quest’argomento, da tempo dibattuto, necessita a questo punto di un ulteriore approfondimento per comprendere fino in fondo la genesi di questa decisione.



Come ricorda il portale telematico “Scuola Informa”, negli anni sono stati numerosi i ricorsi depositati da parte di maestri e professori, tesi a ottenere il riconoscimento del servizio pre-ruolo prestato presso le scuole paritarie, che, ad oggi, risulta non essere funzionale “né alla domanda di mobilità né alla ricostruzione della carriera una volta immessi in ruolo nelle scuole statali”. L’ultima sentenza della Cassazione sulla vicenda, la numero 28115 del 14 ottobre 2021, ha tuttavia posto un punto definitivo in calce alla stessa.



SCUOLE PARITARIE, PER LA CASSAZIONE INSEGNARVI NON FA CURRICULUM

In tale provvedimento, giunto a seguito della richiesta di riconoscimento del periodo di lavoro svolto nelle scuole paritarie da un novero di docenti, la Corte ha deliberato che non è possibile riconoscere il servizio pre-ruolo svolto, aggiungendo che solamente un intervento da parte del legislatore potrebbe risultare propedeutico ad equiparare il servizio delle paritarie a quello statale, modulandone forme e misura in base all’articolo 33 della Costituzione.

“Scuola Informa” puntualizza altresì che la Cassazione ha citato alcuni suoi precedenti verdetti inerenti a casistiche identiche a quella affrontata. In particolare, con la sentenza 180/2021 la Corte costituzionale si era espressa in modo sfavorevole a riguardo, affermando a chiare lettere che la disciplina del rapporto di lavoro dei docenti delle paritarie con quelli delle statali è solo parziale e, quindi, non equiparabile”. La Corte ha successivamente posto in evidenza l’assenza di una procedura di reclutamento degli insegnanti pari a quella effettuata dal Ministero dell’Istruzione per le scuole statali, nonostante la comune appartenenza alla struttura nazionale d’istruzione.