Il Convegno ha dimostrato che il complesso mondo che gravita attorno alla scuola (famiglie, strutture produttive, università, territorio) chiede alla scuola di farsi carico di bisogni derivanti dal disagio giovanile, dalle incombenze di orientamento alla vita ed al lavoro, dalle problematiche legate alla integrazione culturale e sociale degli alunni stranieri. 

Alla scuola italiana si chiede di ridiventare un ambito di cultura reale, in cui non solo le persone siano addestrate ad esercitare ruoli o professioni, ma soprattutto siano aiutate a maturare criteri di lettura e interpretazione della realtà circostante, mutevole e globalizzata.

La domanda si è spostata sulle persone e sullo loro capacità di rispondere creativamente alle sfide dell’ambiente.

Tutto questo rilancia la questione dei metodi e dei contenuti dell’ insegnamento che devono rinnovarsi non astrattamente, ma guardando altri all’opera e tenendo conto di una profonda esigenza di significato, connessa ad ogni dinamismo che nella scuola viene promosso, dalle attività tipiche della scuola dell’infanzia, alla proposta di conoscenze, abilità e competenze, progressivamente sempre più approfondite nel passaggio dal ciclo primario a quello secondario.

Il perno di una scuola che si concepisce come luogo di formazione della persona (una scuola che istruisce educando) non può che essere la libertà di educazione che deve trovare spazio sia nell’assetto generale del sistema di istruzione, sia dentro la singola scuola statale. In questo modo sarà favorita la concorrenzialità virtuosa tra statale e non statale e al contempo rafforzata la possibilità che docenti, famiglie e alunni si aggreghino liberamente per rendere l’offerta formativa compatibile con le istanze della realtà in cui la scuola si pone.

Un compito particolare in una prospettiva come quella descritta spetta alla componente docente. Agli insegnanti, di fatto, è chiesto di essere il motore del rinnovamento, punto di sintesi e di elaborazione delle richieste che provengono dalle famiglie e dal mondo dell’università e del lavoro.

A proposito del tema cruciale della formazione degli insegnanti e loro reclutamento, si può notare che con la abolizione delle graduatorie permanenti e la sospensione delle SSIS si è chiusa una fase e se ne sta aprendo un’altra.

In particolare chiediamo:

•        un percorso di formazione dei nuovi docenti in cui sia prevista una equilibrata combinazione tra saperi disciplinari e competenze metodologico-didattiche;

•        la separazione tra il percorso di abilitazione e la fase del reclutamento da parte dello Stato che, alla luce del Titolo V della Costituzione, dovrà consentire e favorire la chiamata diretta da parte degli istituti autonomi;

•        la riaggregazione ragionevole delle classi di insegnamento che consenta la maturazione di competenze più omogenee e più spendibili nella scuola di oggi;

•        l’articolazione della carriera docente secondo criteri di merito e di competenza, ancorata ad uno stato giuridico nuovo e ad una reale possibilità di incremento dello stipendio;

•        l’incremento della valutazione esterna delle scuole che valorizzi sul piano nazionale il contributo che diversi istituti già stanno dando all’incremento della qualità degli apprendimenti;

•        il riconoscimento fin da subito dell’aggiornamento e della formazione qualificata, come quella che avviene nell’ambito delle associazioni professionali, ai fini dello sviluppo della carriera tramite un sistema di crediti spendibili nell’eventuale ampliamento degli studi universitari o nelle graduatorie interne di istituto;

•        l’attuazione a breve di una grande FORUM nazionale della scuola in cui la scuola attiva possa raccontarsi e ricreare attorno a sé un clima di fiducia costruttiva.