In un periodo in cui anche nella pratica didattica tende ad affermarsi il merito (almeno a quanto si legge nelle dichiarazioni ministeriali di più recente produzione) pare utile riflettere su questo importante termine per collegarlo non tanto alla spasmodica ricerca di successo individuale, quanto a quella di “riuscita”, a partire dalle condizioni (sociali, ambientali, culturali) nelle quali una persona si trova a vivere.

In questo senso, il “merito” di un alunno dovrà essere inteso come l’apertura e la disponibilità con le quali egli vive lo studio facendo quello che riesce a fare in un certo arco di tempo.

Cambierà allora anche la “misurazione” del merito, che terrà conto dei risultati non in astratto, ma sulla base di una serie di condizioni di partenza.

Una interessante declinazione di queste coordinate rispettose della tradizione culturale nella quale siamo tuttora immersi viene da un documento pubblicato dall’Invalsi, riguardante la messa a punto di un sistema di misurazione nazionale degli apprendimenti per la valutazione delle scuole.

Il documento, realizzato da tre esperti (Daniele Checchi, Andrea Ichino e Giorgio Vittadini), è la base per la predisposizione del piano di lavoro valutativo dell’Invalsi per il prossimo triennio. 

 

In sintesi, si delinea un sistema di valutazione delle singole istituzioni scolastiche che sviluppa e adatta alle esigenze del nostro Paese il meglio offerto in questo campo dalle esperienze internazionali, in molti casi più avanzate delle nostre.

Si propone una valutazione sistematica delle scuole effettuata da personale esterno ed indipendente e focalizzata su una misurazione dei livelli di apprendimento degli alunni, che tenga conto delle condizioni di contesto in cui gli studenti vivono e le scuole operano: valutazione definita dunque tecnicamente come misurazione del “valore aggiunto” delle conoscenze.

Il sistema di rilevazione preannunciato, che ha come presupposto la creazione di un’Anagrafe Scolastica Nazionale che segua nel tempo tutti gli studenti, gioca sulla tensione tra obiettivi annunciati (identificabili nelle conoscenze e competenze attese) e obiettivi effettivamente raggiunti dalla scuola al termine di un certo percorso.

Si prevede che a cominciare dall’anno scolastico 2008-09 gli studenti della seconda e della quinta classe della scuola primaria svolgeranno prove standardizzate di italiano e matematica somministrate da valutatori esterni alla scuola e corrette in modo centralizzato a livello nazionale. Negli anni successivi verranno introdotte prove analoghe per la scuola secondaria anche nelle altre materie, e precisamente nelle classi terza del primo ciclo e seconda e quinta del secondo ciclo.

Risulterà essere premiante (anche in termini di budget assegnato alla singola scuola) non il risultato in sé, ma il valore aggiunto, ovvero il compimento di una strategia che vede tutti i soggetti coinvolti nell’atto educativo impegnati ad aiutare la maturazione dei singoli.