Da circa dieci anni le Istituzioni Scolastiche, grazie alla legge delega n.59 del 1997 e il successivo Regolamento (D.P.R n. 275 dell’8 marzo 1999), godono sulla carta dell’“Autonomia didattica e organizzativa, di ricerca, sperimentazione e sviluppo”.

Questo significa che le singole scuole possono adottare “tutte le forme di flessibilità che ritengono opportune” in ambito didattico e organizzativo, allo scopo di creare “percorsi formativi funzionali alla realizzazione del diritto ad apprendere e alla crescita educativa di tutti gli alunni”.

Sulla carta, il D.P.R. 275 potrebbe rappresentare un formidabile strumento per affrontare e risolvere molte criticità del nostro sistema educativo, perché, tra le altre cose, introduce in filigrana il concetto di personalizzazione dei percorsi formativi.

Eppure, a tutt’oggi, la riforma dell’autonomia è una grande occasione mancata.

Quali le ragioni?

Anzitutto l’autonomia scolastica italiana nasce dentro un sistema fortemente burocratico e centralistico: chi ha in mano il governo della scuola, e cioè Ministero e Amministrazione scolastica da una parte, sindacati dall’altra, hanno opposto sempre grande resistenza ad una riforma che prevede il decentramento dei poteri e potrebbe mettere in discussione l’attuale politica del personale.

In secondo luogo, esiste una certa resistenza culturale da parte di dirigenti scolastici, insegnanti, famiglie all’assunzione diretta di responsabilità nell’operare scelte e affrontare i rischi di una gestione autonoma delle scuole.

Tuttavia, vincere questa resistenza non sarebbe ancora sufficiente.

Perchè l’autonomia prevista dalla nostra legislazione ha le armi spuntate: essa non prevede la gestione diretta economica da parte dei soggetti che offrono educazione.

Fino a che non si arriverà ad affidare alle istituzioni scolastiche la gestione anche finanziaria, che contempli il diritto di reclutare il personale o di licenziarlo, non si potrà parlare di vera autonomia.

E’ una chimera?

Guardiamo alle esperienze europee: nel Regno Unito, Tony Blair ha trasformato le scuole in Fondazioni, che provvedono a cercare autonomamente finanziatori. Lo Stato, secondo il principio di sussidiarietà, interviene quando i finanziamenti non sono sufficienti.

Una prospettiva del genere è proponibile nel nostro sistema italiano? Come attuare una reale autonomia nel nostro sistema educativo?

Questo ed altri temi intende affrontare il Convegno Nazionale che l’Associazione Diesse organizza a Roma il prossimo 24 ottobre