Nella due giorni di Pesaro al Convegno Nazionale di DIESSE, partecipato da più del doppio di presenze rispetto agli anni scorsi, si è respirato il desiderio di uscire allo scoperto e presentare nuovi modi di lavorare. In questo, il concetto dell’incontro come strumento di crescita umana e professionale, ha rappresentato la condizione dell’apprendimento per arrivare a concludere che “l’educazione è un lavoro” come ha evidenziato Giancarlo Cesana durante la relazione finale insieme a Fabrizio Foschi.

La Piazza come luogo dell’incontro e la scuola come luogo del sapere nel quale il dialogo porta cultura, perché chiunque sia chiamato ad educare rappresenta un popolo, una vocazione ed una cultura da tramandare per permettere ai ragazzi di crescere entusiasti della vita. Tante le discipline, considerate durante “le botteghe” e tanti i modi di integrarle grazie alla condivisione di prossime esperienze auspicate come prosieguo di questi incontri. L’esperienza, la condivisione e la voglia di relazione, unite: un’ottica nuova che vuole portare i docenti a conoscere e conoscersi meglio, spronarli a collaborare tra loro perché «l’aspetto fondamentale del lavoro di insegnare», dice Cesana, «è il modo di crescere anche da adulti».

L’immagine scelta come leitmotiv rappresenta una catena umana del sapere, dell’ascoltare, del fare esperienza comune. È un luogo di lavoro, di scambio e di aiuto reciproco. La coppia “maestro e alunno” si ripete nell’immagine ed amplifica la sua missione. Ho sentito maestri in questi giorni dire «quanto è successo con quell’alunno ha cambiato la mia vita ed anche la sua: siamo rimasti in contatto». In questo, l’incontro tra due persone, l’una pronta ad insegnare e l’altra pronta ad apprendere che non si esaurisce però nel singolo incontro ma prosegue nella catena umana unita da un filo conduttore, ovvero la passione per la conoscenza. I nodi lungo la corda rappresentano le tappe, la riflessione, i momenti per interrogarsi per poi ripartire. Un rapporto che prosegue da maestro a maestro, da alunno ad alunno allungando così la catena del sapere e del popolo. Una vocazione, quella di insegnare per cui ogni alunno è importante perché è una vita ed ogni maestro è importante perché può dare a lui l’esempio da seguire. Non è facile, dice Cesana, «La vita non è mica una cosa da ballerine». Il senso del rapporto duale non vuole eliminare il contesto della classe, ma amplificare l’azione dell’insegnamento: come quello di un padre o una madre che vuole vedere il figlio crescere ed “in-segna” lui una strada, non semplicemente una materia. La classe è il contesto sociale, rappresentato ora più che mai da tutte le problematiche che sono sul piatto della realtà dei nostri giorni: realtà troppo frastagliata che ha bisogno di unità e di tanta cultura per affrontare se stessa.

Una scuola che educa all’incontro come esperienza integrale basata sulla verità e sul dialogo. “Integralità dei soggetti “ che affrontano il reale guardandosi intorno ed ascoltando i bisogni di tutti (allievi ed insegnanti) analizzando i contesti complessi nei quali sono chiamati ad agire, ed “integrità delle proposte” per migliorare le competenze di chi insegna da un lato e far sentire una voce comune con chi decide dall’altro.

Collaborazione e dialogo come parole d’ordine – e non competizione- per raggiungere l’unità del sapere necessario per crescere. Educare ed essere educati ad un cammino a partire dai più piccoli, bisognosi di “elementi” (alle elementari), per portare i nostri ragazzi “oltre”, con un senso di unità e disciplina per prepararli all’inserimento nel mondo professionale e nell’università . Renderli anche cittadini consapevoli ,capaci di quel giudizio che si autoalimenta nella comunità, per quello che essi stessi dovranno costruire per i loro figli.

Educare è una vocazione che ha bisogno di moderno e di un nuovo cammino : un “fare” che parli al presente e prepari al futuro; un orientamento all’ascolto delle verità e difficoltà dentro e fuori dalle classi; un “essere” che avvicini i docenti alla logica propria dei ragazzi, che organizzano la conoscenza secondo schemi diversi; un contesto dove si tenga conto di aspetti multidisciplinari con progetti concerti . I ragazzi chiedono di essere ascoltati, chiedono “di fare i compiti”, una semplicità che emerge nel momento di maggiore bisogno come è successo all’Aquila, dove il lavoro di tanti insegnanti accorsi con il cuore in mano è già stato testimoniato su queste pagine. Ricostruire il sapere nell’ottica del bisogno è come ricostruire una città. Tutti i mattoni sono indispensabili e l’opera sarà duratura solo con il contributo di tutti. «Educare i ragazzi ad essere fedeli nei particolari per arrivare pronti a qualcosa di più grande che li aspetta» dice Giancarlo Cesana ed avere noi per primi il senso del tempo e della verità, perché «senza verità non ci può essere educazione» ed è per questo che educare è un lavoro faticoso, una battaglia della vita quotidiana.

 

(Sabrina Sperotto)