Si può insegnare il comportamento? E come? La risposta ovvia è che si può. Una teoria psicologica russo-americana (il comportamentismo) paragonò la dinamica dell’apprendimento ad una serie di risposte a stimoli appropriati ed elaborò le macchine per insegnare. Si era all’inizio del Novecento ed il nesso con l’odierna cibernetica applicata all’informatica sembra inevitabile.
Invece non è così. Per il comportamentista la conoscenza è solo un comportamento da acquisire; per l’odierno cibernauta l’interesse è fondamentale. Anche di Internet, insomma, ci si può stancare se non c’è uno scopo che giustifica la navigazione o l’interazione.
Nella scuola, lo sanno tutti, le conoscenze diventano competenze solo dentro un rapporto con una persona adulta disposta a implicarsi con i più giovani. E questo vale anche per il modo di agire, difficile da ottenere per mezzo della semplice presentazione di casi, regole, modalità di condotta.
Una tentazione comportamentista sembra attraversare, oggi, le politiche scolastiche attinenti l’educazione alla cittadinanza, una materia sulla quale ci si sta concentrando in diversi paesi europei. Complice la globalizzazione che ha comportato perdita del senso di appartenenza ad una identità nazionale, complici i rischi del razzismo e del bullismo diffusi soprattutto tra i giovani.
Le “competenze sociali e civiche” giocano tra l’altro un ruolo centrale nell’elenco delle competenze chiave per l’apprendimento stilato dal Parlamento Europeo nel 2006.
L’educazione alla cittadinanza viene generalmente considerata come un principio educativo. Tuttavia, le modalità con cui è inclusa nel curriculum varia a seconda del paese e del livello educativo in questione.
A livello primario, in quasi tutti i paesi, viene integrata o nell’ambito di una o più discipline del curriculum, oppure viene considerata come tematica trasversale. A questo livello, le lezioni dedicate specificamente alla cittadinanza vengono offerte solo in Belgio (comunità tedesca), Grecia, Estonia, Portogallo, Svezia e Romania. A livello di istruzione secondaria, l’educazione alla cittadinanza viene più comunemente offerta come disciplina a se stante.
In conformità con i documenti ufficiali di quasi tutti i paesi, vengono considerate le seguenti tre categorie principali di obiettivi: acquisire una cultura politica, sviluppare le attitudini e i valori necessari per diventare cittadini responsabili, favorire la partecipazione attiva degli alunni alla comunità scolastica e locale. Undici paesi hanno identificato con estrema chiarezza le abilità che gli alunni devono acquisire nell’ambito dell’educazione alla cittadinanza.
Nella maggior parte dei sistemi educativi europei, i criteri e i metodi di valutazione nell’ambito della cittadinanza vengono stabiliti a livello di istituto dagli insegnanti o dai capi d’istituto.
Dodici paesi hanno introdotto raccomandazioni o criteri standard per quest’area. Questi stessi paesi prendono in considerazione la conoscenza teorica degli alunni al pari del loro comportamento ‘sociale’.
I valutatori esterni delle scuole sono talvolta responsabili delle modalità attraverso le quali gli istituti scolastici promuovono lo sviluppo del comportamento civile, oltre a valutare
L’applicazione dei programmi in materia di educazione alla cittadinanza.
Nella maggior parte dei paesi, gli insegnanti del livello primario sono insegnanti generalisti (non-specialisti), che possono insegnare tutte le materie, inclusa l’educazione alla cittadinanza. Nell’istruzione secondaria, gli insegnanti sono generalmente specialisti in una o tre discipline. Tuttavia, essi raramente vengono formati come specialisti in educazione alla cittadinanza, dal momento che in gran parte dei casi la responsabilità per l’insegnamento di questa disciplina ricade sugli insegnanti di scienze sociali, storia, filosofia o etica.
L’educazione alla cittadinanza è integrata come materia obbligatoria nel programma di formazione iniziale degli insegnanti solo in metà dei paesi. Sette paesi , dove l’educazione alla cittadinanza è una disciplina a sé stante, offrono programmi dedicati a questa disciplina nella formazione iniziale degli insegnanti. Tutti i paesi, invece, includono l’educazione alla cittadinanza nella formazione in servizio degli insegnanti.
Numerosi paesi hanno lanciato iniziative volte a promuovere lo sviluppo dell’educazione alla cittadinanza. Queste includono il finanziamento di speciali programmi di formazione, lo sviluppo di materiali di insegnamento, o l’istituzione di reti di consulenza. Organizzazioni non governative, in particolare quelle del settore dei diritti umani, della democrazia e della promozione della pace, svolgono un ruolo fondamentale in iniziative di questo genere.
In Italia per ora è previsto l’avvio di una fase di sperimentazione nazionale allo scopo di promuovere «azioni di sensibilizzazione e di formazione del personale finalizzate all’acquisizione, nel primo e nel secondo ciclo dell’istruzione, delle conoscenze e delle competenze relative a Cittadinanza e Costituzione, nell’ambito delle aree storico-geografica e storico-sociale e del monte ore complessivo previsto per le stesse» (legge 30.10.2008, n.169).
Sarebbe prossima l’emanazione di linee guida in proposito.
La prospettiva non è affatto chiara e così la sintetizziamo: Cittadinanza o Costituzione?
La sottolineatura di una serie di nuclei storico-sociali da affidare ad alcuni insegnanti adeguatamente formati marcherebbe il valore della scuola come ambito di istruzione, in cui l’educazione è frutto di una libertà di incontro e di rapporto.
Viceversa, la scelta di un “insegnamento etico” comporterebbe la rischiosa curvatura della scuola versa la pedagogia di Stato. Lo dicemmo al tempo delle “educazioni” targate Moratti, lo ribadiamo adesso.
Non entri dalla porta della cittadinanza ciò che giustamente è stato allontanato dalla finestra della libertà di educazione.