E’ stato pubblicato il n° 18 della rivista “I quaderni di libertà di educazione” dedicato alla scuola media.
Ricerche nazionali ed internazionali stanno confermando un dato già conosciuto da chi ci vive ogni giorno: l’anello debole, il “ventre molle”, il punto critico del sistema scolastico italiano è la scuola secondaria di primo grado (ex media).
Questo numero della rivista propone interessanti, in alcuni casi interessantissime, esperienze che toccano la riflessione sulle discipline e sull’intervento a sostegno di ragazzi che vivono quell’età di passaggio non sempre facile da comprendere e da interpretare per loro ma anche per l’ educatore.
L’immagine tolkeniana della “Terra di Mezzo”, è, per il suo valore ambivalente, una efficace metafora di questa ‘età ingrata’, come veniva un tempo chiamata. Una terra ‘per gli uomini, per la loro crescita, per il loro futuro’, ma innanzi tutto una terra che, per prima cosa, si presenta nella sua fisicità e manifesta la sua natura.
Se proviamo a guardare in questo modo alla scuola secondaria di primo grado che cosa vedremmo? Una selva di arbusti, il più possibile simili per dimensioni e forma generale che spesso hanno bisogno di cure molto attente per mantenere le loro caratteristiche, che spesso rivelano anche tesori di bellezza ma solo da vicino e sotto la guida di un vero esperto.
Le conoscenze particolari che si chiederà di assimilare troveranno un punto di appoggio solo se il ragazzino stesso le scoprirà legate all’interesse generato dalla domanda, di cui è portatore consapevole. In questo percorso egli potrà da un lato riconoscere la grande ‘variabilità’ del reale e nello stesso tempo apprezzare quelle ‘regolarità’ che la scuola, per sua natura, è chiamata a proporre.
Non è solo un percorso di apprendimento ma anche educativo: rappresenta un passaggio necessario all’allievo nel prendere coscienza di sé.
Una seconda lettura della metafora proposta (la Terra di Mezzo)offre indicazioni preziose su un compito della scuola media da sempre considerato essenziale:l’orientamento. Come orientarsi su un tale terreno, quali azioni sono necessarie? L’esperienza comune ci dice che l’orientamento è favorito dalla presenza di riferimenti che in qualche modo si impongono e dalla capacità di stabilire un rapporto tra questi riferimenti e il terreno in cui ci si muove.
Non è sempre così nell’attuale scuola media. Le modalità di approccio degli insegnamenti sono fortemente analitiche, tese a identificare dall’interno le specificità che caratterizzano i diversi oggetti di insegnamento. Questo non aiuta certamente a mantenere lo sguardo ampio, necessario per riconoscere il quadro, che dovrà certamente essere arricchito dei particolari, man mano acquisiti, ma senza che questo lo deformi o lo oscuri. Come è possibile non smarrirsi su un terreno affollato di oggetti all’aspetto simili, che non deve avere segnali evidenti di riferimento, in cui le attività richieste sono tutte rivolte ad affinare le capacità di analisi? Non è per questo che gli adulti (insegnanti) soffrono ed i ragazzini cercano di sottrarsi o di rendersi invisibili con strategie tipiche -direbbe Guy Claxton- dei prigionieri dei campi di concentramento?
Non è facile cambiare rotta e i molti tentativi fatti negli ultimi anni lo dimostrano. Occorre però iniziare ad operare: disboscare il terreno; mettere in evidenza alcuni riferimenti, rendendoli anche sensibilmente riconoscibili agli allievi; cercare una prospettiva unificante delle diverse attività.
I ragazzini bilanciano il proprio giudizio sulla scuola ed è questo, e non quello che pure formulano sul singolo insegnante, a decidere del loro maggiore o minor interesse con lo studio. Per questo la scuola non può essere pensata solo come uno spazio in cui i soggetti (adulti e ragazzi) agiscono, ma deve essere vista come un contesto, portatore di un ordine determinato che di per se stesso parla, che rappresenta per il ragazzo una proposta cui si può accostare anche senza la mediazione diretta dell’adulto, e per questo crea occasioni di confronto e di crescita.
Potremmo dire con uno slogan che nella scuola occorre più cura nel lavoro di insegnamento-apprendimento delle materie scolastiche e meno accudimento in ciò che appare bisogno socio psicologico.
Diversamente la scuola del preadolescente rischia di essere la scuola del vuoto e la scuola secondaria, quasi inevitabilmente,si trasforma nella scuola dell’attesa e del sogno, cioè della eterna adolescenza
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