Avete provato a cercare “rivoluzione Instagram” su Google? Certo, se si pensa al significato comune del termine rivoluzione viene da sorridere, ma a vederlo bene questo sistema di aggiornamenti che Instagram sta ormai da tempo mettendo in atto, sta già portando cambiamenti, anche abbastanza importanti. Dall’aggiornamento dell’algoritmo fino alla scomparsa del numero di like sotto ai contenuti, passando per la rimozione forzata di profili fake, tutto sembra volto a eliminare le azioni “non umane” all’interno del social e a incentivare una presenza da parte degli utenti sempre più consapevole, etica e in generale più sana.



Essendo i social oramai diventati, più che dei semplici canali, degli strumenti essenziali nella nostra quotidianità, al loro interno si sono innestate logiche e meccanismi psicologici, che si sono rivelati in alcuni casi dannosi: parliamo, ad esempio, di come i like di conferma possano incidere sull’autostima degli utenti, fino a innescare un vero e proprio stato di competizione. In aggiunta a questo, l’esperienza dello user risulta fortemente impoverita, rispetto a come era stata concepita inizialmente, agli albori del social.



Secondo quanto affermato da Tara Hopkins, Head of Public Policy EMEA di Instagram, infatti “la piattaforma ha lo scopo di far sentire libere le persone di esprimersi e l’attenzione va posta non sul numero di like ricevuti, bensì sulla sostanza delle condivisioni, che si tratti di foto, di post o di video”.

E chi con i social ci lavora? I cambiamenti sono stati accolti da alcuni, soprattutto nel vasto mondo dell’influencer marketing, alla stregua di una rivoluzione epocale, una presa di posizione importante che è destinata a modificare anche l’impostazione delle collaborazioni tra brand, aziende e professionisti. In effetti con queste mosse Instagram sembra sempre più deciso a dare maggiore spazio e valore ai contenuti, a prescindere dalle cifre ottenute dagli stessi, e alle interazioni reali tra gli utenti. In poche parole, la crescita deve essere organica, gli utenti reali, i contenuti di valore, le interazioni autentiche.



Se i cuori spariscono dunque, il post funge da vero strumento di dialogo: non sono più le cifre a premiare, ma la capacità di raccontare e coinvolgere la community, capacità che conduce all’instaurarsi di rapporti di fiducia duraturi, che prescindono dal numero di like ottenuti nell’ultimo post. 

Questo nuovo meccanismo mette quindi fine anche a una malsana pratica che era divenuta ormai consuetudine: solitamente infatti accadeva che a dimostrazione del valore di un professionista venisse considerata la media dei like ottenuti per post, come se un like potesse effettivamente comportare una conversione per l’azienda. È sempre più evidente che ciò che conta in realtà è una reale conoscenza tra gli interlocutori dello scenario digitale: tralasciando per il momento gli utenti, fruitori finali dei contenuti, questo significa per le aziende  riconoscere la professionalità dei creator e rispettarne stile e peculiarità, per gli influencer comporta sposare i valori del brand e trasmetterne in modo coerente lo storytelling.

È possibile dunque che questa serie di cambiamenti renda sempre più necessari lato influencer un approccio più etico e consapevole (lontano dall’uso di bot e gruppi di scambio like ad esempio), maggiore attenzione alla qualità del contenuto e maggiore aderenza alle esigenze del proprio pubblico; lato aziende invece, una conoscenza più approfondita degli account con cui si desidera iniziare una collaborazione, l’avvio di un dialogo costruttivo con i professionisti del settore.

Quello digitale e specialmente quello social, come ben sappiamo, è un mondo fatto di regole in costante ridefinizione, con molte zone grigie che lasciano spazio al cambiamento, ma in generale questa rivoluzione appare positiva, soprattutto per quanto riguarda il lato umano del social, destinato a quanto pare ad acquistare via via sempre maggiore importanza: come è logico che sia, come è giusto che accada.