Chiamare una donna trans “segaiolo”, secondo la sentenza di un tribunale del lavoro inglese, citato tra gli altri dal DailyMail, rappresenta una discriminazione. Il termine, infatti, secondo la giuria che si è espressa sul caso di Amanda Fisher, ex autista degli autobus transgender, avrebbe una chiara e definita accezione maschile, e non essendo “neutra rispetto al genere”, potrebbe rappresentare una violazione delle leggi sull’uguaglianza. L’ex autista trans aveva citato in giudizio la compagnia di bus per cui lavorava, nella quale si sentiva discriminata per il suo percorso sessuale, lamentando anche di aver subito in almeno un’occasione l’insulto. Il tribunale, tuttavia, ha dato torto alla donna, riconoscendo che gli episodi, senza testimoni, potrebbero non essere mai accaduti.
La denuncia della trans: “Chiamata segaiolo e discriminata”
Insomma, la sentenza del tribunale inglese si basava sulla denuncia della donna trans, Amanda Fisher, che aveva lamentato soprattutto due episodi, avvenuti poco prima del suo licenziamento. Dal suo racconto è emerso come, mentre era intenta a parlare di un incidente avvenuto con un superiore, questi l’avrebbe, prima, chiamata “segaiolo”, per poi avvicinarsi eccessivamente con fare minaccioso. Con faccia seria, l’ex collega, le avrebbe spinto via il braccio, mostrando ostilità nei suoi confronti, rendendola “molto turbata”.
La donna ha detto che, secondo lei, il comportamento era motivato dal suo essere trans, “non accettava il mio genere perché sul posto di lavoro abbiamo culture diverse, religioni diverse”, e chiedendo al tribunale che si applicassero le leggi a favore dell’uguaglianza. Tuttavia, ascoltato dal tribunale, il presunto discriminatore ha negato di essersi mai riferito alla ex collega con quell’epiteto o di averle messo le mani addosso, tesi confermata anche dal supervisore della donna. Il tribunale, così, ha dato ragione agli ex colleghi, ma sottolineando che il termine “segaiolo”, se utilizzato contro una donna trans, potrebbe costituire fonte di discriminazione, da punire grazie alla legge sull’uguaglianza.