L’idea di un’intelligenza artificiale nasce praticamente con la nascita dei computer. Infatti, il primo calcolatore interamente elettronico venne costruito nel 1946 e il termine “intelligenza” riferito ad una macchina fu usato da Alan Turing nel 1950. Oggi, il Deep Learning (DL) che si basa sull’utilizzo di reti neurali artificiali, utilizzato dall’intelligenza artificiale, include modelli di apprendimento automatico che si ispirano al funzionamento del cervello umano.
Non a caso, come emerge da un sondaggio condotto da Forbes Advisor, le statistiche sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale nelle aziende evidenziano una crescente fiducia nel potenziale di questa tecnologia per migliorare la produttività e rafforzare il rapporto con i clienti. Oltre il 60% dei proprietari di aziende ritiene che l’AI possa accrescere la produttività e quasi la stessa percentuale ritiene che possa migliorare le interazioni con i consumatori. D’altro canto, il 65% dei consumatori dichiara che continuerà a fidarsi delle aziende che utilizzano l’AI. Questo dato dimostra che le aziende che la utilizzano in modo responsabile e trasparente saranno in grado di tutelare la fiducia dei consumatori e di sfruttare il potenziale della tecnologia in termini di miglioramento dell’esperienza di consumo.
Nel campo dell’economia e della finanza, si prevede che il mercato dell’AI raggiungerà un valore di 407 miliardi di dollari entro il 2027, un contributo che dovrebbe far registrare un aumento del Pil globale pari al 7%. Tuttavia, con l’evoluzione dell’AI, 400 milioni di lavoratori in tutto il mondo potrebbero essere sostituiti, dati del rapporto McKinsey, che prevede che tra il 2016 e il 2030 i progressi dell’AI potrebbero produrre ripercussioni su circa il 15% della forza lavoro mondiale.
Nonostante ciò, uno studio ha stimato che tale tecnologia potrebbe portare alla creazione di 97 milioni di nuovi posti di lavoro, in grado di compensare le preoccupazioni dei lavoratori. Ci vorrà tempo e formazione affinché la popolazione maturi le necessarie competenze per sfruttare le tecnologie senza “subirle”. L’adozione consapevole e competente delle tecnologie può migliorare l’efficienza del lavoro, contribuendo al miglioramento del work-life balance.
La maggior parte delle persone, però, sta apprendendo solo adesso dell’esistenza dell’AI, grazie a un tipo di AI conversazionale in grado di generare testi, tradurre lingue, scrivere diversi tipi di contenuti creativi e rispondere alle domande in modo informativo (si pensi a GPT, usato da ChatGPT e Copilot, o a LaMDA, usato da Bard). A proposito di ChatGPT: secondo la ricerca di Forbes Advisor, il 97% degli imprenditori ritiene che ChatGPT sarà utile alla propria attività. Un’azienda su tre prevede di utilizzare ChatGPT per creare contenuti per il sito web, mentre il 44% intende utilizzare la chatbot per generare contenuti in più lingue.
Molte le innovazioni dovute all’AI, che mette ben in evidenza i benefici legati allo sviluppo della sua tecnologia. Quali sono quindi i rischi conseguenti?
Un rischio ben posto in evidenza è la questione etica riguardante le responsabilità delle decisioni assunte per mezzo dei sistemi di AI. Chi è responsabile in caso di danni o incidenti causati da un sistema autonomo? Questo è un tema molto delicato ed è evidente che la definizione di norme etiche e legali ricopra un ruolo cruciale per mitigare questo rischio. Quasi un quarto dei titolari di aziende teme l’impatto dell’AI sul traffico del proprio sito web: dal sondaggio di Forbes Advisor il 24% dei titolari di imprese ha espresso la propria preoccupazione riguardo al potenziale impatto dell’AI sul traffico del sito web aziendale, a testimonianza del clima di incertezza suscitato dall’integrazione dell’AI nelle attività delle imprese.
Un altro rischio è legato al fatto che gli algoritmi di AI possono essere soggetti a “bias”. Ebbene sì, i sistemi informatici possono avere pregiudizi! Steve Wozniak, co-fondatore di Apple, ha sperimentato come un “algoritmo” abbia negato un finanziamento alla moglie e lo avrebbe concesso al marito, malgrado lui e lei condividessero il medesimo patrimonio. Questi pregiudizi sono dovuti alla qualità dei dati che vengono forniti durante il periodo di addestramento. La soluzione non è semplicissima, perché richiede un lavoro di “data cleaning” per rimuovere tutti i riferimenti che possono generare discriminazione nei dati usati.
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