L’intelligenza artificiale come strumento per tramandare le testimonianze dei sopravvissuti all’Olocausto. Succede in Israele, dove è stata impiegata per generare tramite software immagini e filmati a partire dal racconto di alcuni sopravvissuti. A combinare l’intelligenza artificiale alla memoria delle persone è stata l’associazione Chasdei Naomi, che si occupa di assistere i superstiti dell’Olocausto. Diciannove sopravvissuti hanno raccontato la loro storia, affidandola a un software capace di tramutare le parole in materiale visivo.



Le immagini create dall’intelligenza artificiale a partire dai terribili ricordi di chi ha vissuto l’Olocausto sulla propria pelle e ne è scampato sono state trasformate in quadri. Le opere, realizzate anche a partire dalle vecchie fotografie conservate dai sopravvissuti, sono state quindi esposte pubblicamente nel Palazzo della Cultura di Ashkelon. Come riporta La Repubblica, il sindaco della città Tomer Glam ha dichiarato che “in questa epoca in cui dobbiamo combattere la negazione dell’Olocausto, progetti come questo, realizzati con il supporto delle moderne tecnologie, aiutano a far sì che la luce trionfi sull’oscurità”.



Intelligenza artificiale e Olocausto, le critiche: “crea una storia alternativa”

Sono sempre di meno i sopravvissuti della strage dell’Olocausto, anche nel territorio di Israele. Nel 2022 sono morti oltre 15mila donne e uomini ebrei che hanno vissuto sulla loro pelle la ferocia del nazismo e l’orrore della deportazione e dei campi di concentramento. Si stima che siano rimasti in vita poco più di 150mila testimoni di una delle pagine più buie della storia. Ed è in questo contesto così pericolosamente vicino a scomparire che entra in gioco il ruolo dell’intelligenza artificiale come possibile supporto a una memoria che dovrà resistere anche alla morte degli ultimi sopravvissuti.



La mostra organizzata in Israele, il primo tentativo di combinare intelligenza artificiale e memoria umana, non ha però mancato di suscitare aspre critiche. Come si legge su la Repubblica, tra le pagine culturali di ‘Haaretz’ Naama Riba ha scritto che “i creatori affermano che la mostra rappresenta gli ebrei durante la Shoah, ma le persone nelle foto non sembrano ebrei di quel periodo”. Infatti, le immagini generate dall’intelligenza artificiale mostrerebbero bambini in abiti troppo eleganti e in condizioni di salute che mal si conciliano con le condizioni a cui gli ebrei erano costretti all’epoca. E, dettaglio ancora più importante, Naama Riba sostiene che “l’intelligenza artificiale non è in grado di esprimere empatia. Manca sentimento” e crea una storia alternativa, ignorando le testimonianze reali”.