INTER, LA FINALE DI CHAMPIONS LEAGUE E I DEBITI DI SUNING
La finale di Champions League che ci attende domani con Inter Manchester City a Istanbul sarà un confronto anche fra due club che vivono situazioni economiche assai differenti. Il Manchester City ha molta meno tradizione, ma con la proprietà degli emiri è diventato un colosso del calcio internazionale, sia per risultati sul campo (anche se ancora manca proprio la Champions League) sia per solidità economica. L’Inter è più in affanno da questo punto di vista, anche perché la proprietà cinese di Suning da qualche anno deve fare i conti con i limiti agli investimenti “non strategici” all’estero imposti dal Partito Comunista Cinese e naturalmente con le conseguenze del Covid, particolarmente forti proprio in Cina. La situazione economica dell’Inter è stata ricostruita da Rory Smith e Tariq Panja in un lungo articolo per il New York Times, nel quale si ricorda che i nerazzurri devono fare i conti con i debiti e anche con una squadra dall’età media alta.
In effetti, l’Inter è andata probabilmente anche oltre i suoi limiti e questo è uno dei più grandi meriti di Simone Inzaghi e dei suoi ragazzi. Più che ragazzi potremmo dire uomini, si pensi all’età di Edin Dzeko (37 anni) ed Henrikh Mkhitaryan (34), decisivi per la vittoria nella semifinale d’andata contro il Milan, oppure anche di Francesco Acerbi che è il nuovo leader della difesa dell’Inter a 35 anni. Dall’altra parte il simbolo è Erling Haaland, classe 2000, ma d’altronde il Manchester City può comprare quello che vuole, mentre l’Inter deve arrangiarsi facendo di necessità virtù considerate le difficoltà di Suning – e proprio per questo, ci permettiamo di aggiungere, ha più meriti per essere arrivata sino alla finale.
INTER, LE GIOIE IN CAMPO E LE FATICHE DI SUNING: I NUMERI
Gli introiti garantiti dal raggiungimento della finale di Champions League saranno ossigeno puro per le casse dell’Inter (e ancora meglio se a Istanbul si completasse il capolavoro), che ne hanno parecchio bisogno, a causa innanzitutto dei problemi di Suning con gli investimenti, che nel 2016 avrebbero dovuto essere diversi – più in stile Manchester City, tanto per capirci. Secondo i numeri offerti dal New York Times, le passività si aggirerebbero attorno agli 800 milioni di euro. La Uefa vigila, l’anno scorso ci fu una multa di 4 milioni di euro e quest’anno potrebbe essere ancora più severa, anche se naturalmente gli introiti della Champions League sono una enorme boccata d’ossigeno. Il Covid è stato un colpo durissimo, perché ha fortemente penalizzato gli affari di Suning, una galassia di cui l’Inter è solo una piccola parte, anche se naturalmente la più nota fuori dalla Cina: già nel 2021 servì un finanziamento di 1,36 miliardi di dollari per evitare guai peggiori a Suning.
La situazione è drammatica più per il colosso cinese che per l’Inter, ma è chiaro che con questi chiari di luna la situazione non possa essere rosea. Il New York Times si è concentrato molto sull’analisi economica, noi ribadiamo che dal punto di vista sportivo gli eccellenti risultati sul campo assumono ancora maggior valore e questo è un merito che va riconosciuto ai dirigenti della parte sportiva (con Beppe Marotta in testa), a Simone Inzaghi e al suo staff e naturalmente a tutti i giocatori. Si aggiunga il fatto che l’ormai ex sponsor DigitalBits non abbia onorato il contratto e questo è stato un ulteriore problema: la finale di Champions League però ha facilitato l’arrivo di Paramount+, altra boccata d’ossigeno merito dei risultati sul campo che hanno rimesso l’Inter al centro dell’attenzione… internazionale. La proprietà potrebbe passare di mano se Suning non riuscisse a saldare il prestito ottenuto da Oaktree: sarà una partita importante, da seguire con lavassimo attenzione. Ma da domenica, prima Davide cercherà di battere Golia…