Le intercettazioni possono essere usate in procedimenti diversi se questi sono stati iscritti dopo il 31 agosto 2020? A questa domanda è stata chiamata a rispondere la Sezione Unite della Cassazione, la cui sentenza dà una spallata alla legge Bonafede per i motivi che approfondiamo di seguito. L’udienza del 18 aprile 2024 si è conclusa con il chiarimento che la disciplina in questione è valida proprio a tale condizione. Lo ha fatto sapere la Prima Presidente Margherita Cassano nell’informazione provvisoria che è stata riportata da Giurisprudenza Penale. Era stata la sesta sezione nell’udienza del 14 novembre 2023 a rimettere i ricorsi alla Sezione Unite in riferimento al contrasto interpretativo che era emerso, la cui risoluzione era ritenuta «prodromica all’esame degli ulteriori motivi di ricorso», ma anche nella consapevolezza che la questione sia così importante da avere incidenza, ad avviso del Collegio, «estesa ed immediata sui procedimenti celebrati dopo il 31 agosto 2020 e prima dell’entrata in vigore della più recente novella».



Il riferimento è alla legge Bonafede, il cosiddetto decreto salva intercettazioni. Infatti, non ha più effetto per i procedimenti iscritti dopo il 9 ottobre 2023, quando il governo Meloni ha dato il via libera alla riforma che vieta l’utilizzabilità delle intercettazioni per un reato diverso da quello per cui c’è stata l’approvazione delle registrazioni. Ad esempio, un pm non può usare intercettazioni per perseguire un altro reato emerso grazie alle intercettazioni.



COSA CAMBIA DOPO LA SENTENZA DELLA CASSAZIONE

La norma in questione salvava l’utilizzabilità delle intercettazioni per reati diversi da quelli per le quali erano state autorizzate, iscritti dopo tale data. Le Sezioni Unite della Cassazione hanno stabilito che la Bonafede si può applicare, ma solo se il procedimento in cui sono state compiute le intercettazioni e quello diverso siano stati iscritti dopo l’entrata in vigore della legge. Stando a quanto chiarito dal Fatto Quotidiano, questo vuol dire che se il primo fascicolo è stato iscritto prima del 31 agosto e l’altro dopo, le intercettazioni non si possono usare per il reato connesso, in quanto il fascicolo originario è antecedente alla Bonafede.



A prevalere è stata la linea più dura, quella in base alla quale le norme processuali si applicano dopo l’entrata in vigore. Ma sono attese le motivazioni per capire le ragioni di questo orientamento delle Sezioni Unite, che corrisponde a quello della procura generale. Lo stesso procuratore generale aggiunto Alfredo Viola e il sostituto procuratore generale Luigi Cuomo si sono espressi come i giudici.

PERCHÉ ERANO STATI RIMESSI I RICORSI

Le intercettazioni, infatti, erano state disposte ed effettuate prima dell’altro procedimento in cui sono poi transitate. Il tribunale le riteneva fondamentali per l’accertamento del reato di associazione a delinquere ipotizzato dal pm. Il sostituto procuratore generale presso la Corte di Cassazione nella sua requisitoria aveva richiesto che venissero respinti i ricorsi degli indagati, nella fattispecie alcuni avvocati, ritenendo infondata l’eccezione di non utilizzabilità delle intercettazioni, in quanto i fatti erano correlati a quelli per i quali erano state disposte le intercettazioni.

Inoltre, quelle effettuate nel procedimento in esame erano contenute nel compendio probatorio. Era stato il collegio della quinta sezione penale, presieduto da Rosa Pezzullo, a rivolgersi alla Sezione Unite, visto che bisognava esaminare un caso del tribunale di Benevento, ravvisando un «contrasto sull’applicabilità del regime di utilizzabilità delle intercettazioni in procedimenti diversi», che ora è stato risolto.