Blu Yoshimi è tra le attrici più promettenti del panorama italiano e nonostante la giovane età ha già un curriculum notevole: dall’esordio in Caos calmo di Antonello Grimaldi al fianco di Nanni Moretti passando per Piuma di Roan Johnson, fino a Likemeback di Leonardo Guerra Seragnoli. Una personalità forte, con le idee chiare sul suo futuro, tra la carriera da attrice e la voglia di sperimentare e cimentarsi con altre esperienze. Ora è disponibile su Sky Primafila, Chili, Rakuten Tv, Google Play, Prime Tv e Apple Tv l’opera prima di Mattia Temponi, El Nido.



Blu Yoshimi interpreta Sara, una ragazza problematica e di buona famiglia che, dentro a un rifugio moderno ed accogliente – El Nido, appunto –, incontra Ivan (Luciano Cáceres), un uomo all’apparenza anonimo e innocuo, ma che nasconde un passato oscuro. Sono al sicuro e protetti dal mondo esterno, però Sara è stata infettata e si sta lentamente trasformando in un mostro. Ma invece di ucciderla, Ivan decide che proverà a curarla. Così comincia la loro discesa in una spirale di manipolazione e inganni…



Tu interpreti Sara…

“Sara è una ragazza all’ultimo anno di Liceo, è una persona molto rock, con un carattere molto forte. E si trova a vivere questa specie di incubo, viene infettata e si trova costretta a vivere con questo volontario. Questa  convivenza è folle per lei, perché si trova a doversi fidare totalmente di un’altra persona senza neanche conoscerla. Ma lei è anche molto umana, su alcune cose è piccina, fresca”.

Cos’hai in comune con il personaggio?

“A parte l’essere dei mostri… (ride, ndr) Sara è stata per me come una sorellina minore, ho potuto fare un percorso abbastanza catartico. Questo film approfondisce quello che può essere un rapporto tossico, con dinamiche di manipolazione e di sopraffazione. Questo elemento della manipolazione purtroppo l’ho sperimentato. Ti ritrovi ad essere vittima e carnefice allo stesso tempo, questa è anche la storia di Sara, ma c’è la possibilità di scegliere ad un certo punto. Abbiamo in comune un pezzo di storia insieme. Ho preso questo film come un rito”.



Anche tu ti sei sentita manipolata, dunque…

“Nella mia vita sì, ho avuto esperienza diretta di questo genere di dinamica. Tante persone hanno avuto esperienze del genere, ma dipende cosa fai tu“.

Come ne sei venuta fuori?

“E’ stato un processo lungo, non arriva dal nulla e ci vuole un sacco di sostegno tra amici, parenti ed esperti. La dinamica della manipolazione è così precisa che quando te ne rendi conto ti senti stupido. Ma in realtà non è così evidente, serve grande disciplina mentale”.

El Nido è l’ultimo film di un percorso molto variegato. Come scegli i tuoi progetti?

“Amo sperimentare e mettermi in gioco. Ho sempre sognato di fare questo lavoro anche per questo, sono una persona dai mille interessi. Sono molto curiosa come persona, questo si manifesta nella mia creatività anche fuori dal set. Cerco di andare a capire come funziona il mio corpo, sperimentare i suoi limiti e superarli. Questa è la linea guida del mio lavoro”.

Che rapporto hai con la femminilità?

“Io per tanto tempo, soprattutto in adolescenza, ho fatto tanta fatica ad accettare la mia femminilità. Non mi sono sentita di rientrare a pieno nel canone che si è creato attorno all’idea di uomo e di donna. A un certo punto però ho pensato che fossero tutte delle sciocchezze. Ho fatto fatica ad aderire sempre a un modello. Nel mio lavoro, in Likemeback c’è stata una grande esposizione e mi è piaciuto tantissimo: è stata una sperimentazione molto forte”.

A che punto è la rivoluzione femminile nel cinema? Ad un punto morto?

“Ad un punto morto mai, dai. Penso ci sia una tendenza generale su diverse tematiche, non solo quella femminile, ad appiattire le questioni. Se non si parte da una rivoluzione profonda e si pensa solo alla forma, la forma diventa un contentino. Pensiamo alla terminologia utilizzata, soprattutto per le comunità LGBTQ+. Dietro a quelle lettere c’è qualcosa, non sono solo lettere. Credo che a volte non vengano colte le occasioni per approfondire le questioni e sperimentarle in prima persona. Come attrici, dobbiamo prendere un po’ di potere nella sua accezione positiva, illuminante. Non bisogna sempre restare ad aspettare che qualcuno ce lo dia. Sara di El Nido mi piace da questo punto di vista: è un personaggio cattivo, complesso, dolce, ferito e anche carnefice. A volte pensiamo ancora che ciò sia sbagliato, ma siamo tutti esseri umani”.

C’è una critica o una maldicenza che ti ha fatto particolarmente male?

“Sul mio lavoro no, accetto tutto… fino ad un certo punto. Con le critiche gratuite non cresco e non mi servono, le critiche costruttive ben vengano. Discorso diverso quando si va sul personale. Mi è capitato durante l’adolescenza: un casting mi rifiutò di vedermi perché non ero abbastanza bella. Cose che a 17 anni ti distruggono. Ma non mi ha distrutto, fortunatamente”.

In questi giorni sei sul set del nuovo film di Nanni Moretti…

“Sì, ho appena terminato le riprese. È stato molto bello. Nanni Moretti ha un grande rispetto per gli attori, mi sono sentita rispettata. E’ un progetto grande, che sta portando avanti da mesi. Vedremo (ride, ndr)”.

Con chi ti piacerebbe lavorare in futuro?

“Mi vengono subito in mente Greta Gerwig e Phoebe Waller-Bridge. Da un po’ di tempo ho iniziato a scrivere e mi riconosco molto in loro. In Italia ci sono tante registe con cui mi piacerebbe lavorare, mi piacerebbe sperimentare. Sicuramente Alice Rohrwacher, Francesca Archibugi, Maura Delpero…  Sono tante!”.

Dopo El Nido, quali sono i tuoi progetti futuri? So che è in lavorazione l’opera prima di tua madre, Livia Vitale…

“Sì, poi ci sarà anche il secondo film di Mattia Temponi, con cui ho collaborato anche in fase di sviluppo. E poi ci sono le mie cose che sto scrivendo, vedremo…”.

(Carmine Massimo Balsamo)