Per l’Antitrust italiano l’acquisizione di Ubi Banca da parte di Intesa Sanpaolo non potrebbe avvenire alle attuali condizioni. Secondo l’authority questa operazione di consolidamento darebbe a Intesa una posizione dominante in molti mercati locali con una permanente e sostanziale riduzione della concorrenza.



Questa analisi comporterà con ogni probabilità ritardi nell’ottenimento delle autorizzazioni necessarie all’operazione. Intesa dovrà convincere l’authority che la concorrenza non è, in effetti, ridotta in modo così pronunciato o, in alternativa, dovrà modificare alcune caratteristiche dell’operazione. In ogni caso la chiusura dell’operazione slitterà di qualche settimana. In altre fasi economiche “qualche settimana” sarebbe un lasso di tempo innocuo; nel contesto attuale qualche settimana può significare uno stravolgimento delle condizioni economiche. Si pensi, per esempio, alle sfide che attendono l’Italia in autunno o a quelle che attendono l’Unione europea ad agosto e poi nei mesi successivi.



Il settore bancario italiano è particolarmente vulnerabile sia per gli impatti della crisi, sia perché molte banche di media-grande dimensione non hanno assetti proprietari stabili. L’origine di questo fenomeno risale alla brutale riforma delle popolari di Renzi che nel giro di qualche settimana, in circostanze particolarissime, ha trasformato banche in cui si votava per testa in public company perfettamente scalabili e senza assetti proprietari stabili. Una trasformazione che sarebbe stata impossibile in questi termini praticamente in tutti i Paesi del primo e del secondo mondo. Non ci riferiamo, ovviamente, alla fine del voto capitario, ma a un processo non guidato, e certamente non estraneo da speculazioni, che ha lasciato una fetta considerevole del sistema bancario italiano scalabile e senza “collocazioni stabili”.



Un Governo minimamente sensato, cioè tutti i Governi d’Europa tranne il nostro, si sarebbe assicurato che la trasformazione portasse a un sistema bancario saldamente ancorato agli interessi del sistema Paese. Pensiamo sia al sistema bancario francese che a quello tedesco, dove le banche estere non solo sono assenti, ma dove la Bce chiude da anni un occhio e mezzo sia sulla leva delle banche francesi, sia, nel caso tedesco, sulla grande parte del sistema ancora al riparo dal “mercato” e perfino dallo scrutinio della Bce.

Quello che importa è che oggi grandi banche italiane, ricchissime di risparmio, sono contendibili e comprabili a prezzi di stra-saldo da gruppi bancari interessatissimi ai risparmi italiani. Pensiamo, per esempio, ai rumour dell’interesse di Amundi per Anima usciti sulla stampa qualche settimana fa. L’operazione di Intesa Sanpaolo su Ubi avrebbe tolto dal mercato Ubi e consolidato un operatore efficiente e forte nell’area più ricca del Paese. Per qualsiasi banca estera fare concorrenza sarebbe stato più difficile. Intesa Sanpaolo, per la cronaca, sul mercato ha un’ottima reputazione ed è probabilmente la banca meglio gestita in Italia. Cerchiamo di essere ancora più chiari. L’alternativa è che il sistema bancario italiano, in particolare al nord, venga comprato a prezzi d’affezione da banche europee e in particolare francesi. Questo negli stessi giorni in cui Generali torna al centro dell’attenzione.

Se avessimo un Governo normale, anche e soprattutto se “europeista”, tutto sarebbe già “sistemato” e gli appetiti stranieri nemmeno ipotizzabili. Invece l’intervento statale e il golden power sembrano uno strumento con cui consegnare agli amici europei i pezzi migliori del sistema italiano per ripagare a piè di lista le perdite dei carrozzoni con i soldi dei contribuenti. In quale altro Paese d’Europa un’authority locale bloccherebbe un’operazione di “sistema” nazionale? Nel caso si correrebbe subito ai ripari per trovare un’altra modalità con cui tutelare il sistema Paese. Purtroppo queste incredibili sviste succedono, da anni, solo in Italia e sempre a vantaggio dell’asse Roma-Parigi.

È un europeismo davvero strano il nostro. Un europeismo anomalo e non adulto sicuramente e forse anche un po’ venduto.