È uscito questa settimana, per i tipi di Einaudi, il mio quarto libro sul vino. Si intitola “I giorni del vino” e ripercorre, con una pagina al giorno, un ideale anno di assaggi dove in realtà si intrecciano persone, situazioni, territori.
Io credo che non ci sia un prodotto uguale che descrive nel profondo cosa sia il dono. E sono tante le analogie della vite con la vita, a cominciare da quella distruzione che è il mosto, che come un parto genera una cosa nuova e diversa che sarà poi il vino.
In questi primi giorni, aspettando Golosaria a Milano (www.golosaria.it), dove il libro sarà presentato al pubblico (l’8 novembre all’Hotel Melià) ho dovuto partecipare a due anteprime con i produttori stessi di vino. E in tutti gli incontri mi hanno chiesto che cosa sia quello che nel libro viene chiamato “vino vero”.
L’ho detto in due modi: il vino vero è quello che si beve, e può essere un vino “importante” come un vino più semplice come il Lambrusco. Ma il vino vero è anche quello che esprime in un arco di tempo il suo equilibrio, quindi è capace di invecchiare affinarsi negli anni. Una pratica che sbugiarda i vini falsi, quelli realizzati col supporto di un’eccessiva tecnologia, come il legno della barrique, che se non va via rimarca un grave difetto del vino, altro che un pregio.
Il vino vero poi sa portare nel tempo la pulizia, gli odori di un territorio, l’esaltazione della mineralità. Il vino finto – e quanto ne capitano da bottiglie blasonate e costose – fa emergere la presenza di uve che non dovevano esserci: il tempo non perdona, anche sulla qualità.
Un’altra domanda che mi hanno posto è sul rapporto tra il silenzio e il vino. Ed è un silenzio antico e contadino quello che ho imparato quando andavo con mio padre a scegliere il vino dell’anno. Il momento dell’assaggio aveva una solennità. Anche oggi è così, almeno per me, quando mi accosto ad un vino e devo coglierne l’ascolto.
Il vino si ascolta: ha da dare messaggi sul colore, sul profumo e infine sul gusto. Dentro e dietro a un bicchiere di vino si dispiega una civiltà. Propria quella che vorrebbero cancellare con leggi insulse.