Siparietto divertente, ieri sera, a Striscia La Notizia, dove Ficarra e Picone sono tornati a parlare delle magagne della cucina di casa nostra intervistando Enrico Derflingher, cuoco internazionale, di origine lecchese, vittima di una certa supponenza da parte delle guide. E qui ricordo esattamente un giorno a tavola, con lui, durante la consegna del premio E’ Giornalismo, quando lo chiamano dal ristorante che aveva a Roma e gli dicono che ci sono 5 persone tra cui il critico di una guida, che “dovrebbero” pagare il conto. E lui gli dice: «Be’ fagli lo sconto», io sono un dipendente non posso regalare pranzi, anche se sono guide”. Tutto corretto, ma in realtà, secondo Enrico, questa dev’essere stata una scorrettezza nei confronti di «leinonsachichisono io».
A Strscia tuttavia hanno tirato in ballo anche il sottoscritto – vivaddio, – per un articolo che domenica è apparso su Il Tempo di Roma. Il pezzo incriminato se la prendeva con il servizio che ha cercato di sminuire la cucina (che reputo superba) di Massimo Bottura della Francescana di Modena.
I simpatici Ficarra & Picone hanno evidenziato una mia frase estrapolata dal pezzo ed hanno commentato che sarei stato io a non aver fatto una bella figura, quando dico che il campione della cucina molecolare non era Bottura ma Ettore Bocchia, e che loro il campione della cucina molecolare lo hanno intervistato.
Ora, alla tivù non c’è diritto di replica ovviamente e la cosa non è poi così grave, ma mi hanno colpito le conseguenze: dal cellulare impazzito, ai figli che mi han detto «ma cosa hai fatto?» Insomma la tivù è il vangelo, che ti penetra anche nelle certezze. È il vangelo anche se insegue una teoria e a quella (che è una teoria, non la verità) declina ogni parola. Per amore della verità, pubblico si seguito tutta la seconda parte del pezzo.
«Due giorni dopo a Londra venivano proclamati i 50 migliori chef del mondo e al primo posto c’era proprio Adrià, mentre per incontrare un italiano bisognava scendere al 13° dove stava seduto Massimo Bottura della Francescana di Modena. Il giorno stesso, mentre ricevevano entrambi la consacrazione (assieme a nomi come Carlo Cracco, Massimiliano Alajmo, Davide Scabin e persino Fulvio Pierangelini, nonostante le incertezze sull’apertura del suo Gambero Rosso), Striscia andava in onda con un servizio sulla cucina molecolare e sui dubbi salutistici di questa pratica. Che dire? Una pugnalata alla schiena, soprattutto al povero Bottura, criticato in maniera pregiudizievole per i suoi piatti, che a dire il vero ho assaggiato uno ad uno trovandoli non solo geniali ma anche straordinari (uno su tutti le sei consistenze del Parmigiano). Ora, ai miei occhi Striscia non ha fatto una gran figura, ancor più dando a Bottura la croce di paladino della cucina molecolare quando invece è Ettore Bocchia di Villa Serbelloni a esserne il campione (è stato intervistato solo venerdì). E m’ha fatto riflettere sul fatto che in casa nostra la cucina deve per forza essere macchietta o marchetta. Cioè folklore. Un vero paradosso, giacché la imitano nel mondo, investono miliardi su un brand che trascina anche i nostri prodotti, e persino il primo cuoco al mondo viene in Italia per imparare a fare la pizza (sarà andato ai Tigli da Simone Padoan di San Bonifacio che venerdì a San Patrignano terrà una lezione a Squisito?). E qui da noi cosa si fa? Si inventa un teorema per rendere ciò che attiene al gusto un’eterna barzelletta. Ma qui non siamo in Italia, siamo a Tafazzia!”
* La precisazione fra parentesi su Bocchia, ovviamente, c’era nel pezzo da me inviato al Tempo domenica… ma l’hanno tolto. Quando si dice sfiga ! O forse no ?