Sono al Vinitaly a Verona, la fiera internazionale sul vino che celebra la quarta edizione e mentre ieri era una giornata lugubre di pioggia oggi è spuntato il sole. Fuor di metafora mi sono chiesto: “Ma se avessi dato retta a Repubblica, magari regalatami nella hall dell’albergo, cosa avrei capito del mercato del vino in questo momento?”. Repubblica di ieri apriva infatti la pagina dedicata alla grande fiera con “Benvenuti al Vinitaly della Grande Crisi”. E giù a menar pioggia sulla crisi dei consumi e sui mercati esteri che starebbero per respingere il nostro vino.
Poi, esci dall’albergo e vai in fiera, per accorgerti che non riesci a camminare tra gli stand. E stamattina leggiamo: “21 mila visitatori, il 45% dei quali stranieri”. Ma non è finita, persino il console americano ospite del pranzo di apertura ieri parlava di una buona tenuta dei vini italiani in California. A questo punto ci chiediamo: che senso ha il tafazzismo menagramo per cui ogni iniziativa che abbia a che fare col commercio debba essere accompagnata dalla parola crisi? E la Fiat che ha preso il 27% in borsa cosa deve fare oggi: far chiudere certi giornali dalla vergogna?
Lo scorso anno Vinitaly fu scossa da una copertina dell’Espresso che titolava “Velenitaly”, ma il terremoto pare non abbia fatto crollare nulla, se non danni all’immagine del Brunello di Montalcino; quest’anno neanche una pagina; neanche un “scusate, abbiamo esagerato” (che peccato vero, il mondo non va a rotoli? A volte sembra di vedere i bambini del primo dopoguerra che aspettavano i bombardamenti sulla propria città per assistere a uno spettacolo).
Ma c’è anche chi legge questo attacco in chiave politica: la “Balena bianca” naviga ancora nel grande Veneto. E di giornalisti della gauce a cavier, ieri all’inaugurazione, ce n’erano ben pochi, ad ascoltare un determinato ministro per le politiche agricole che ha detto a chiare lettere: no alla tolleranza zero per il tasso alcolemico nel sangue perché due bicchieri di vino non fanno un ubriaco; no al vino rosato mischiato con rosso e bianco; no alla riorganizzazione del mercato del vino comunitaria che ha firmato il suo collega precedente e no, anche, alla proposta che verrà, di de-alcolizzare il vino.
Non si può dire che Luca Zaia non abbia le idee chiare. E se tra due settimane, sempre nel veronese bianco e verde, arriveranno i G8 dell’agricoltura, ossia tutti i ministri agricoli dei paesi più importanti. Il segnale che si coglie da Verona, oggi che c’è il sole, è di un risveglio del mercato che, visto da qui, vuol dire 4.600 aziende e una fiera che in questi anni ha difeso un sistema, facendo addirittura sintesi con le istituzioni e i privati, secondo un concetto di sussidiarietà vincente.
Si può tacere tutto questo e magari anche “gufare” contro, ma è una realtà, sotto l’occhio di tutti. Oggi i Tafazzi hanno perso un altro round.