Si può dire che la vita sia scandita da quel segno della terra che trema? A ben pensarci sì. E sembra una storia di morte e di resurrezione, come quella che racconta oggi sul Corriere della Sera Susanna Tamaro e che ci riporta indietro di 33 anni (gli anni di Cristo), quando il Friuli venne scosso da quel terremoto che ha segnato anche la mia giovinezza.



I ragazzi più grandi del quartiere, che erano partiti alla volta di paesi squassati, tornarono a casa con i canti e le tradizioni, che diventarono un po’ anche nostre e, forse per la prima volta, ci dissero cosa significava l’attaccamento a una terra.

Ogni volta che ritorno in Friuli, ogni volta che ripasso da Gemona, penso a quegli anni che, come scrive la Tamaro oggi, ci hanno dato un senso di provvisorietà ma anche di gratitudine. Dalla redazione del nostro Golosario abbiamo chiamato i nostri amici: ha risposto solo uno, il norcino Giuliani che produce la mortadella di Campotosto (qui la chiamano “coglioni di mulo”) e non era ancora i grado di dirci in che situazione era la sua azienda. Bisogna aspettare, ma intanto è scattata una straordinaria voglia di dare una mano e l’iniziativa del Banco Alimentare sta raccogliendo i consensi di tanti.



Per la Pasqua, il re dei cuochi (almeno per me, che lo considero cocciutamente il n. 1) al secolo Gianfranco Vissani, ha coinvolto cento colleghi tra i migliori (da Massimo Bottura agli chef dell’Enoteca Pinchiorri; dal Desco di Verona al Don Alfonso di Napoli) per preparare settecento pasti (composti da un piatto e un dolce) per ognuna delle 27 cucine da campo. Inoltre la promessa che torneranno in campo con una grande cena in coincidenza con la rinascita urbanistica e sociale delle zone terremotate.

Ma c’è anche l’amico del Birrificio di Apricale, che ha deciso di destinare la cotta di birra che stava producendo alla Croce rossa. C’è insomma un modo di intendere il gusto che non finisce con l’edonismo, ma a volte riesce a gettare il cuore oltre l’ostacolo. A Pasqua saremo insieme in qualche modo al nostro Abruzzo. E apriremo Montepulciano rosso, come ha invitato a fare il ministro Zaia. Un brindisi che significa rinascita e anche un forte abbraccio, da parte nostra, ai titolari dell’Enoteca più importante d’Italia: la cantina del Boss di l’Aquila, di cui ancora non abbiamo notizie.