L’operazione militare lanciata dalla Turchia nel Kurdistan iracheno e nella Siria del nord si intreccia con l’invasione russa in Ucraina: Mosca e Ankara stanno ridefinendo il loro spazio geopolitico. Unità delle operazioni speciali turche, sostenute da droni ed elicotteri d’attacco, sono coinvolte nell’operazione che va sotto il nome di “Claw-Lock”: l’obiettivo è scovare i rifugi che danno riparo ai miliziani del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (Pkk) e combattenti affiliati nelle regioni di Metina, Zap e Avashin-Basyan dell’Iraq settentrionale.



Ricordiamo che il Pkk è considerato organizzazione terroristica non solo dai turchi, ma anche dai Paesi occidentali, Italia compresa: “Non ha tutti i torti Erdogan a muovere questa operazione, considerando che il Pkk ha fatto in Turchia almeno 40mila vittime con attentati” ci ha detto il generale Carlo Jeanesperto di strategia, docente e opinionista. Una situazione che tocca anche Mosca, alleata con i curdi siriani, che a loro volta sostengono il presidente della Siria Assad insieme a Mosca. Per il ministro degli Esteri russi Lavrov, l’operazione turca potrebbe creare destabilizzazioni in Medio Oriente.



La Turchia ha lanciato massicci attacchi contro la popolazione curda del Kurdistan iracheno e della Siria del nord: l’obbiettivo è spazzare via quelli che considerano terroristi. Come giudica questo intervento?

Non è certo possibile spazzar via la popolazione curda, anche perché il Pkk ha basi e campi di addestramento nascosti nell’ambiente montuoso e ostile del Sinjar. Inoltre i curdi hanno una minoranza piuttosto forte anche in Turchia.

Dal punto di vista militare, questa operazione le sembra giustificata?

Bisogna tener conto del fatto che il Pkk ha fatto almeno 40mila morti, quasi tutti civili, in Turchia con numerosi attentati. Quanto ha deciso di fare Erdogan dal suo punto di vista appare abbastanza giustificato. Ricordiamo poi che il Pkk venne fondato con il sostegno e l’aiuto dell’allora Unione Sovietica, con l’intenzione di destabilizzare un paese membro della Nato che si trovava ai suoi confini.



I curdi, però, hanno combattuto contro l’Isis, fornendo un contributo fondamentale alla sua sconfitta. Gli americani che li sostenevano se ne sono praticamente andati da Siria e Iraq. Li hanno lasciati soli?

Gli americani fornivano armi e forze speciali. Gli Stati Uniti fanno i loro conti, hanno più interesse a mantenere buoni rapporti con la Turchia che con i curdi.

Ma Erdogan non usa il guanto di velluto: bombarda i villaggi, uccide i civili. Anche questo è giustificabile?

Si tratta di una guerra a bassa intensità, è quindi inevitabile che alcuni villaggi vengano colpiti e che ci siano morti tra i civili. I curdi siriani sono però quasi due milioni e non saranno eliminati tutti.

Il ministro degli Esteri Lavrov si è detto preoccupato di questa operazione: minaccia di far saltare gli equilibri della regione?

Lavrov si dimostra preoccupato perché i curdi siriani sono stati anche alleati dei russi, oltre che degli americani. L’attacco turco mette in stato di allarme le forze russe pro Assad che sono schierate in Siria.

Mosca ha da pensare all’Ucraina più che ai curdi, non è così?

Infatti qui impiegano soprattutto mercenari del gruppo Wagner, forze speciali, aviazione e hanno interesse a mantenere la base navale che hanno in Siria.

Tornando invece al Kurdistan, l’Iraq lamenta che la Turchia non rispetta l’integrità territoriale e la sovranità del Paese. Ci saranno conseguenze?

L’Iraq ha forze armate non di poco conto, e le milizie sciite hanno una capacità di combattimento abbastanza forte. I turchi non si possono spingere molto avanti in territorio curdo. Ricordiamo che da dopo la Prima guerra mondiale i curdi hanno cercato di mantenere il controllo di Mosul, la seconda città irachena. L’ambasciata turca a Mosul è un punto strategico importante, vuol dire controllare i campi petroliferi del nord Iraq che fanno gola un po’ a tutti, americani compresi, alla ricerca di fonti energetiche alternative a quelle russe. Bisogna vedere, una volta concluso il viaggio di Biden in Arabia Saudita, dove si recherà il presidente americano per trovare nuove e maggiori fonti energetiche.

(Paolo Vites)

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