Premetto subito, il gioco del biliardo io lo considero uno sport anche se non è annoverato come tale e non è ammesso alle Olimpiadi. Nel cinema il più bel film sul tema è Lo spaccone (1961) con Paul Newman, ma vi parlo invece di Io, Chiara e lo Scuro (1983) con la regia di Maurizio Ponzi e interpretato da Francesco Nuti che poi sempre sul biliardo ha diretto e interpretato Casablanca, Casablanca (1985) e Il signor Quindicipalle (1998).
Nuti era un discreto giocatore, parlo al passato perché la sua situazione fisica attuale è ben diversa da allora e non posso che fargli un grande augurio di cuore. Da cultore del tavolo verde coinvolse nel film il campione Marcello Lotti detto lo Scuro, che interpretò se stesso. Quasi subito dopo l’inizio del film ci sono otto minuti di gioco vero, non tarocco, in cui Nuti e Lotti non hanno controfigure, son proprio loro a giocare. Su lo Scuro non c’erano dubbi avendo vinto nove titoli italiani dal 1963 al 1980, ma Nuti non è stato da meno. Lotti sarà presente poi anche in Casablanca, Casablanca.
È un film semplice, con una storia di vita che ruota attorno a Francesco detto il Toscano, portiere di notte che sogna di vincere un torneo nazionale di biliardo. Incontra lo Scuro e inizialmente lo batte, ma sul piatto c’era solo un caffè. Quando si passa alle lire perde diversi milioni. Per ripagare il debito sottrae soldi dalle cassette di sicurezza dell’hotel. Nel frattempo incontra una bellissima, è il caso di dirlo, Giuliana De Sio. Abitano nello stesso palazzo, lei è musicista, suona il sassofono a tarda notte nei locali, si incontrano/scontrano sul tram e complice uno scambio di valigie (identiche) si ritrovano Chiara con la stecca di biliardo a un’audizione e il Toscano con il sassofono a una partita.
S’innamorano, Chiara impegna il suo strumento così che Francesco possa iscriversi al torneo nazionale dove in palio ci son milioni di lire, lui conta di vincere per ripagare gli ammanchi sottratti in hotel. Arriverà in finale proprio contro lo Scuro. E chi vincerà? Guardate il film.
Come dicevo, è un film semplice che racconta la vita di un uomo che vorrebbe diventare un campione di biliardo, commette l’errore di rubare, incontra l’amore che lo sostiene e l’aiuta. Una favola di riscatto sicuramente, in cui emerge la comicità ruspante di Nuti. Francesco era diventato famoso con il trio dei Giancattivi con Alessandro Benvenuti e Athina Cenci, partiti in teatro ed esplosi in radio e tv con una comicità surreale che attingeva da radici toscane. Famosa l’interpretazione di Nuti in Madonna che silenzio che c’è stasera (1983) della canzone “Puppe a Pera”. Non è un filmone, ma è divertente. Fu presentato a Cannes e i due protagonisti vinsero il David di Donatello.
E poi il biliardo, un gioco di concentrazione mentale e fisica, non semplice. Ai tempi delle scuole superiori si bigiava e spesso si andava in un bar scalcagnato a giocare, banditelli dilettanti che il barista guardava di sottecchi per paura che rovinassimo il tappeto verde. È uno sport vero e proprio, con la sua fisicità, dall’impugnare la stecca a muovere il polso, al dosare il peso del corpo, ma anche con la sua tecnica geometrica per arrivare ai punti. Nuti era proprio bravo nel giocarlo e aveva una passione così da inserirlo nelle sue storie. Fantastica la giocata dello Scuro, chiamata ottavina reale, un tiro da lui inventato che si vede nel film.
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