È considerata alla stregua delle cose vecchie, dunque fuori moda: “Ormai la Chiesa è una realtà superata. Va cambiata!”. Chi la giudica dalla finestra non ricorda, forse, che certe cose più invecchiano più accrescono di valore. Il valore della Chiesa, poi, è il suo valore aggiunto: la presenza di Cristo, non il numero di fedeli associati. Cristo, con la sua Novella Buona cucita addosso: fosse stata senza valore, non avrebbe resistito ventun secoli. Incassare colpi è suo destino: “La Chiesa riceva i colpi e non li rende, ma state attenti: essa è un’incudine che ha logorato molti martelli” (P. Berryer). C’è chi la giudica come forma di potere, chi l’accusa d’essere manipolatrice di coscienze, chi l’ammira per l’estetica delle pietre e dei suoi arazzi. Qualcuno l’accusa d’aver tradito lo Sposo Cristo, di non stare più dalla parte degli accattoni e dei miseri. Eppure – nonostante gli anni, i peccati, gli errori – ha retto l’assalto dei nemici, lo scorrere del tempo. Lucifero.



Quando, ad occhi chiusi, penso alla Chiesa, immagino l’eternità conficcata nel tempo. La spada nella roccia, l’uovo nella farina, la chiesa nel tempo: “Qui si entra per amare Dio; di qui si esce per amare il prossimo” ho letto sulla porta di una vecchia pieve. Una chiesa dalla mille porte: non ci sono due persone che vi entrino varcando la stessa porta. “La Chiesa è una famiglia” ci hanno insegnato da bambini: è tipico di casa mia, amare la famiglia accettandone le controversie e perdonandone i difetti. Perché, dunque, non dovrei farlo con la Chiesa?



In lei il lato invisibile viene in aiuto a quello visibile: il divino perfetto sorregge l’umano a rischio di precarietà. Ieri, oggi, sempre: la Chiesa di domani, dunque, non potrà essere dissimile da quella di oggi, di ieri: è “una, santa, cattolica e apostolica”. La Chiesa, mi piace tantissimo come l’ha descritta Chesterton, è “il luogo dove tutte le verità si danno appuntamento”. Ecco perché parlare male della Chiesa, sotto sotto, è come voler tagliare il ramo dell’albero nel quale siamo seduti.

Che il mistero del male la circuisca fin quasi ad attanagliarla, non è motivo valido per dire ch’è tutta marcia: sarebbe bastato, all’Onnipotente, ficcarla sotto una bella campana di vetro e tutto sarebbe rimasto immacolato. Invece l’ha lasciata sotto le intemperie perché, patendo in prima persona, mostrasse al mondo che cosa significa: “Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza” (2Cor 12,9). Siamo stanchi, pochi, pure fobici: mille paturnie ci devastano l’anima. Così facendo inquiniamo l’acqua: la sorgente, però, resta chiara. È la sorgente a fare la differenza, quel Cristo nottambulo che viene a cercarci nel cuore della notte pur di vederci rinascere: da vecchi a nuovi.



Perché, dunque, separare ciò che Dio ha unito? Questo tenta di fare colui che, preso da smania di divorzio, dice “Cristo sì, Chiesa no!”. Sarebbe come chi accettasse l’invito a cena da un amico e poi, una volta entrato, si rifiutasse di sedere assieme agli altri invitati. Cristo sì, con la sua Chiesa, dunque: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20).

Dice cura, attenzione, sicurezza. Perché, dunque, voler separare a tutti i costi Cristo dalla sua Chiesa, quella che s’è scelto, che ama? “Credo la Chiesa” recitiamo nel quarto articolo del Credo, appena dopo la fede nel Padre, nel Figliolo, nello Spirito Santo. E, nella Chiesa, credo alla fratellanza che la rende tale: nessun cuore potrà mai intrecciarsi ad un altro senza accettare di condividerne fragilità e insicurezze.

In una Chiesa così, ch’è un miscuglio di miseria e di grazia, mi sento a casa: una Chiesa senza ruga né macchia mi farebbe sentire estraneo, tutt’al più a disagio. La Chiesa di Cristo, invece, “è una casa di famiglia, e nelle case di famiglia – scrive G. Bernanos – c’è sempre un po’ di disordine: le sedie talvolta mancano di un piede, i tavoli son macchiati d’inchiostro, le scatole di marmellata si svuotano da sole nelle dispense”. Non importa il disordine: ciò che conta è la perla, non il disgraziato involucro che la custodisce. Quell’involucro sgraziato che sono io.

Stasera alle ore 21.05 su TV2000 (canale 28) andrà in onda la quarta puntata di “Io credo”, programma di M. Pozza e A. Salvadore con la partecipazione di Papa Francesco. Ospiti della puntata, dal titolo “Credo la santa Chiesa”, saranno, assieme a Papa Francesco, il giornalista e scrittore Paolo Rumiz e le monache benedettine di Norcia, rientrate in città dopo il terremoto del 2016 per condividere la precarietà della popolazione e pregare assieme a loro. Vivono in un modulo abitativo adibito a monastero.