Io, una giudice popolare al Maxiprocesso è il titolo del docufilm di Rai1 con protagonista Donatella Finocchiaro andato in onda ieri in prima serata. Il ruolo della Finocchiaro è stato particolarmente importante, per lo sviluppo della trama, visto che l’attrice ha dovuto impersonare le tre protagoniste ‘reali’ di questa vicenda, Teresa Cerniglia, Maddalena Cucchiara e Francesca Vitali, o meglio una sintesi di queste signore coraggiose che si sono trovate da un giorno all’altro a dover decidere le sorti di decine e decine di imputati ‘illustri’ del processo alla mafia. Nei panni triplici di Teresa, Maddalena e Francesca, Donatella si è dimostrata un’attrice particolarmente abile e versatile non tanto nel ripresentare le vicende realmente accadute a loro, quanto piuttosto nel narrare come testimone ‘in più’ – col valore aggiunto della sua arte – le vite di queste tre donne.
Io, una giudice popolare al Maxiprocesso: la storia di Caterina
Donatella Finocchiaro ha vissuto sulla sua pelle cosa vuol dire vivere in una terra drammaticamente segnata dalla presenza di attività malavitose. Suo padre Antonino, per esempio, ha subito una grave intimidazione da parte degli uomini che gli avevano chiesto il pizzo. Lui si era rifiutato di pagare, e i mafiosi – per tutta risposta – gli avevano bruciato la fabbrica. Anche Caterina, il suo personaggio, subisce delle minacce implicite da parte di Cosa nostra, quando qualcuno fa irruzione nel negozio del marito mettendo a soqquadro tutta la merce. Lo stesso era capitato al marito di Francesca, e qui appare evidente come gli sceneggiatori siano stati attenti a trasporre il più fedelmente possibile le vicende delle giudici in questione. Delle donne comuni, nonostante tutto, che nel ricevere la chiamata si sono però dimostrate eccezionalmente sensibili.
Io, una giudice popolare al Maxiprocesso: un ruolo di responsabilità
Perché sì, occorre anzitutto una grande sensibilità, per accettare un ruolo del genere, a fronte dei rifiuti di tanta altra gente che si era fatta intimorire ancor prima di iniziare. Teresa, Maddalena e Francesca sarebbero potute diventare realmente vittime, martiri della lotta alla mafia, era un rischio concreto, ma nessuna delle tre ha pensato di tirarsi indietro. Per loro è stata anzi un’occasione per esercitare appieno i loro doveri di cittadine, e di trasformarli nel contempo in diritti, visto che da troppo tempo – ormai – la mafia aveva tolto ai siciliani l’opportunità di poter vivere una vita tranquilla, senza il timore costante di poter essere assassinato da un giorno all’altro, magari perché vittima di uno scambio di persona. Da tempo, i boss avevano cancellato persino le loro regole interne, quelle che definivano ‘d’onore’, oltre a mostrarsi sempre più distratti tanto da arrivare a catturare e uccidere non i loro bersagli, bensì gente del tutto estranea. Presente nel docufilm anche il pentito Buscetta, personaggio chiave del Maxiprocesso nonché alleato dei giudici. Ma è a questi ultimi che spetta il compito più arduo, ovvero quello di decidere condanne e assoluzioni sentendosi addosso tutto il peso della responsabilità.