La chiama “scorrettezza istituzionale” il n.1 dell’Anci Decaro ancora stamattina sulla polemica tra Conte e territori: ma neanche la cancellazione della parola “sindaci” dal Dpcm in versione definitiva convince appieno Comuni e Governatori, «Per come è scritto il decreto non si capisce chi deve fare che cosa» conclude Decaro alla Rai. A provare a mettere ordine ci prova il Viminale con l’intervento del sottosegretario all’Interno con delega agli Enti Locali, Achille Variati: «Col nuovo dpcm lo Stato non abbandona i Comuni né li investe di responsabilità improprie: i primi cittadini, che sono autorità sanitarie locali, saranno ovviamente supportati in tutto dai prefetti, negli appositi Comitati provinciali di ordine pubblico. Ed è proprio con i prefetti e nei Comitati Provinciali che si potranno valutare casi particolarmente delicati in cui risultasse necessario, opportuno e possibile chiudere al pubblico strade o piazze». Il nodo sullo “scaricabarile” però non vale solo per i Comuni e i sindaci, ma anche in altri punti del Dpcm viene sollevata la medesima perplessità dal Governatore del Veneto Luca Zaia: «Il dpcm dice che i governatori possono fare misure restrittive, e dice che nel momento in cui vuole misure estensive, queste vanno negoziate col ministro. Noi non abbiamo un comitato tecnico, per cui il ministero è bene che si avverta. Altrimenti scopriamo che la regione Veneto poteva fare qualcosa e non l’ha fatto, il rischio è dello scaricabarile».



CAOS SINDACI SUL DPCM

È diventato un caso lo scontro avvenuto fin dalla serata di ieri tra i sindaci di tutta Italia – anche di opposte fazioni politiche – e il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte: dopo giorni di trattative e accordi con Regioni e Anci, il Dpcm presentato ieri sera (e firmato) dal Premier ha presentato all’ultima versione ufficiale una parte che ha fatto scattare su tutte le furie il presidente Anci Antonio Decaro (sindaco di Bari) e con lui tantissimi altri primi cittadini sparsi per il Paese. Il motivo è legato alla possibilità di “chiudere” la movida che viene data sostanzialmente in mano ai Comuni, ma in una modalità che per molti è sembrato un voler “scaricare” la responsabilità sui territori di eventuali mancate restrizioni su locali e quartieri a forte rischio assembramenti. Le nuove regole del Dpcm fissano la chiusura di tutti i locali alle 24 (alle 18 se non hanno possibilità di tavoli e sedute), ma nella conferenza stampa di ieri sera Conte ha detto espressamente: «i sindaci potranno disporre la chiusura dopo le 21 di vie e piazze dove si creano assembramenti». È proprio su quella norma che si è scatenata la baraonda, con i sindaci che non sono stati avvisati di nulla e si sono ritrovati un grosso “carico” di responsabilità all’ultimo secondo prima della firma del Dpcm.



LA REPLICA DELLE REGIONI

«Il governo, senza nemmeno affrontare il tema nelle numerose riunioni di queste ore, inserisce in un Dpcm una norma che sembra avere il solo obiettivo di scaricare sulle spalle dei sindaci la responsabilità del coprifuoco agli occhi dell’opinione pubblica. Questo non lo accettiamo», attacca Decaro che senza mezzi termini accusa Conte di fare lo “scaricabarile” sui territori di responsabilità e funzioni in carico allo Stato. «Ci saranno le forze dell’ordine a controllare le aree pubbliche in cui sarà vietato l’ingresso e a riconoscere residenti e avventori dei locali? I cittadini non si sposteranno da una piazza a un’altra? Nei momenti difficili le istituzioni si assumono le responsabilità non le scaricano su altre istituzioni con cui lealmente dovrebbero collaborare. I sindaci sono abituati ad assumersi le loro responsabilità. Vorremmo che tutte le istituzioni facessero lo stesso», conclude il sindaco di Bari. Con lui Dario Nardella (Firenze) «lasciare sulle spalle di noi sindaci la scelta delle zone dove imporre e controllare il coprifuoco è impossibile. Il Governo corra ai ripari subito e cambi questa regola»; durissimo anche Giorgio Gori di Bergamo, «per chiudere una piazza con cinque vie d’accesso servono almeno 10 agenti. Chi li ha? Poi però – dice il DPCM – bisogna consentire l’accesso agli esercizi commerciali e alle abitazioni. Come si controlla? E se la gente si sposta e si assembra nella via accanto? Inapplicabile». Da desta a sinistra fino al M5s di Virginia Raggi, l’ira dei sindaci è stata netta con il Governo che già stamani con il Ministro Boccia ha tentato di ridurre il “caso”: «non è così, la norma che chiamava espressamente in causa i sindaci è stata smussata ma in ogni città se c’è un luogo da chiudere lo decide il sindaco. I sindaci sanno che lo Stato è al loro fianco 24 ore su 24, dobbiamo tornare alla collaborazione massima».



IL GIALLO DEL TESTO DPCM MODIFICATO

Avviene così che, nel corso della nottata, il testo del Dpcm 18 ottobre viene ulteriormente modificato forse proprio a conseguenza diretta della “ribellione” lanciata da tutti i sindaci sul lockdown della movida cittadina: nella versione iniziale del testo, il decreto spiegava esplicitamente «i sindaci potranno disporre la chiusura al pubblico dopo le 21 di vie e piazze dove si creano assembramenti, consentendo l’accesso solo a chi deve raggiungere esercizi commerciali o abitazioni private». Nella versione definitiva invece, quella caricata in Gazzetta Ufficiale e sul portale del Governo, il riferimento ai sindaci di fatto salta: «Delle strade o piazze nei centri urbani, dove si possono creare situazioni di assembramento può essere disposta la chiusura al pubblico, dopo le ore 21,00, fatta salva la possibilità di accesso, e deflusso, agli esercizi commerciali legittimamente aperti e alle abitazioni private». Il cambiamento c’è e la formula è più indiretta, ma questo non frena la protesta dell’Anci: «Noi sindaci non possiamo sentire il presidente Conte in tv che ci richiede di decidere sul coprifuoco. Pronti a prenderci le nostre responsabilità, ma abbiamo bisogno di indicazioni chiare», rilancia a Studio24 il sindaco di Bari e n.1 Anci, rispondendo a tono all’intervento precedente del Ministro Francesco Boccia.

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