Una strage di giovani: non si fermano in Iran le impiccagioni dei ragazzi che protestano contro il regime dopo la prima esecuzione del 23enne Mohsen Shekari. Anche gli altri condannati a morte hanno poco più di vent’anni. Come Mahan Sadrat Mani, che la Corte suprema della Repubblica islamica ha accusato di «muovere guerra contro Dio». Stesso reato per il quale è stato condannato Ali Moazemi, 20 anni, che ha partecipato alle proteste. Per loro l’esecuzione sembra imminente, come per Mohammad Broghani. In totale, sono 24 i giovani che rischiano di essere condannati a morte, ma per la resistenza in Iran gli arrestati sono migliaia. Le proteste e manifestazioni comunque non si fermano.



«Si teme anche per la sorte di molti altri ragazzi che sono stati fatti sparire dal regime, le loro famiglie non sanno dove siano», denuncia Karimi Davood, presidente dell’Associazione rifugiati iraniani in Italia, al Messaggero. Inoltre, Amnesty international ha diffuso documenti da cui emerge che, nel corso della repressione delle manifestazioni iniziate tre mesi fa, sono stati uccisi 44 bambini. La pagina ufficiale italiana dell’organizzazione riporta che sono stati «uccisi dalle forze di sicurezza iraniane durante le proteste in corso» e denuncia «i metodi crudeli con cui le loro famiglie vengono costrette a restare in silenzio e sono ostacolate nello svolgimento di funerali e commemorazioni».



IRAN, STRAGE DI MINORE NASCOSTA DAL REGIME

Stando alle ricerche svolte da Amnesty International, 34 dei 44 minorenni uccisi sono stati ammazzati da proiettili mirati al cuore, al capo e ad altri organi vitali. Altri quattro invece sono stati uccisi da pallini di metallo esplosi da breve distanza. Cinque, tra cui una ragazza, sono morti a causa di pestaggi. Infine, una minorenne è deceduta per il colpo al capo di un candelotto lacrimogeno. L’età dei 39 minorenni maschi morti va dai due ai 17 anni, una bambina aveva 6 anni e le altre quattro tra 16 e 17 anni. Secondo tale report di Amnesty in almeno 13 casi, i parenti sono stati costretti ad approvare la versione fornita dalle autorità in forma scritta o tramite video trasmessi dalle tv di stato iraniane.



Se invece si oppongono «sono minacciati di arresto, morte, stupro e uccisione di altri minorenni della famiglia oppure viene detto loro che i loro cari verranno sepolti in luoghi sconosciuti o che le salme non verranno restituite per i funerali». Ci sono casi in cui i familiari sono obbligati a seppellire i cari in località remote, non possono usare la parola “martire” né produrre manifesti con volti e condividere immagini sui social. I dati forniti da Amnesty sono drammatici: il 14% delle vittime delle manifestazioni in Iran sono minori, in 12 casi le autorità iraniane hanno coperto le azioni dicono che tali morti sono state provocate da «azioni di terroristi, suicidi, overdose, morsi di cani o incidenti stradali»; il 60% dei minorenni uccisi apparteneva alle minoranze oppresse baluci o curde.