Quando si dice che la penna può fare più male si dovrebbe (e dovrà, in futuro) pensare soprattutto al rapper Toomaj Salehi, particolarmente noto in Iran per aver condotto almeno dal 2022 una feroce battaglia contro il regime degli ayatollah: nulla di carnale o fisico, ma solo una serie di versi diventati popolarissimi (anche all’estero, nonostante lo scoglio linguistico dell’arabo) e cantati soprattutto da tutte quelle donne e ragazze che sognano una giustizia sociale per Mahsa Amini. L’Iran, confermando la sua classica modalità d’azione (quasi) sempre al di là delle linee morali occidentali, ha deciso di mettere a tacere per sempre il rapper, non chiudendolo dietro alle sbarre con una finta condanna, ma condannandolo a morte, probabilmente con l’impiccagione.



“Mi hanno inviato il verdetto oggi”, ha raccontato lo stesso Toomaj Salehi in un post pubblicato in queste ore sui suoi canali social, “ma non dirò qual è perché potrebbe avere un impatto psicologico sui miei fan”; dubbi presto sciolti dal suo legale, Amir Raesian, che in un’intervista per il quotidiano iraniano Shargh ha confermato la condanna a morte per il rapper che oltre un anno e mezzo si trova già in un carcere dell’Iran.



Chi è Toomaj Salehi e perché l’Iran l’ha condannato a morte

Per comprendere al meglio la storia di Toomaj Salehi (e, soprattutto, le ragioni per cui un rapper riesca a spaventare così tanto un regime imponente come quello dell’Iran) dobbiamo tornare un attimo al 2022, quando divenne la voce delle rivolte Donna, Vita, Libertà nate sulla scia dell’ingiusta morte della giovane Mahsa Amini incarcerata dalla polizia morale per non aver indossato correttamente il velo. Il rapper scese personalmente in piazza, oltre a firmare diversi versi (si ricordano, tra gli altri, ‘il loro crimine è danzare con i capelli al vento‘, oppure ‘il loro coraggio è stato denunciare i vostri 44 anni di governo‘), e finì nel centro di quei numerosissimi arresti e degli scontri violenti con il regime dell’Iran.



L’anno successivo la corte di Teheran ha inflitto a Toomaj Salehi una condanna a 6 anni e 3 mesi di carcere, mentre la Corte suprema aveva escluso la condanna a morte e (in un secondo momento) ribaltato la sentenza: rilasciato nel 2023 dopo 250 lunghi giorni in carcere, il rapper più famoso dell’Iran aveva denunciato una serie di torture e violenze subite. Dopo pochi giorni la Guardia rivoluzionaria ha bussato alla sua porta e l’ha sbattuto nuovamente in carcere, con le accuse (tra le tante altre) di ‘corruzione sulla terra‘, sedizione, propaganda contro il regime e incitamento alla violenza e alla rivolta.