Almeno 80 persone hanno presentato la loro candidatura, tra cui quattro donne. Più della metà degli aspiranti presidenti dell’Iran sono ultraconservatori. La decisione del Consiglio dei Guardiani su chi tra loro (pochi) potrà effettivamente presentarsi alle urne è attesa a giorni. Solo allora si potrà capire quale sarà la direzione che il regime vuole imprimere alla politica del Paese, sostituendo Ebrahim Raisi, morto recentemente in un incidente aereo per la caduta dell’elicottero sul quale viaggiava.



Tendenzialmente dovrebbe prevalere la linea conservatrice, spiega Rony Hamaui, docente di scienze bancarie all’Università Cattolica di Milano ed esperto di economia e finanza islamica, ma c’è un’ambiguità nella politica iraniana che potrebbe portare a qualche sorpresa. Si potrebbe tenere conto, ad esempio, delle istanze che vengono dagli operatori economici, che chiedono a gran voce di riprendere la strada dell’accordo sul nucleare con gli americani per allentare le sanzioni.



La società iraniana, insomma, è molto complessa e anche se la linea politica prevalente finora è stata assolutamente conservatrice, qualche novità non è esclusa. Se si dovesse lasciare spazio a candidati riformatori, anche la partecipazione al voto per eleggere il nuovo presidente potrebbe essere superiore al 40%, la percentuale che ha segnato nelle ultime occasioni la presenza degli elettori alle urne.

Si è chiusa la fase di presentazione dei candidati alla presidenza della Repubblica islamica. In attesa della scrematura da parte del regime, quali considerazioni si possono fare sulle elezioni del 28 giugno?



La selezione dei candidati verrà chiusa fra pochi giorni. Se ne sono presentati tantissimi, sia riformisti che ultraconservatori. Ma ora il Consiglio dei Guardiani dovrà scegliere chi si potrà candidare davvero. Poi avremo una campagna elettorale brevissima. È la democrazia all’iraniana: tantissimi candidati in partenza, pochissimi che passeranno gli esami e pochi giorni per confrontarsi.

Una volta deciso su quali personaggi gli elettori potranno far convergere il loro voto, il regime farà capire chi preferisce che si voti?

Qualche preferenza ci sarà, probabilmente comunque ristretta a candidati ultraconservatori. Siamo in un passaggio molto delicato per il Paese: anche Khamenei, guida della Rivoluzione, ha l’età che ha e la preparazione alla successione è molto accurata, non credo che avremo grandi sorprese.

Come nelle più recenti elezioni, il dato da verificare sarà anche quello dell’astensione. L’ultima volta si è presentato il 41% degli elettori. Cosa può succedere?

Ci sono due teorie: chi sostiene che il numero dei votanti sarà alto perché ci sarà più possibilità di scelta e chi invece pensa che i votanti saranno molto pochi, perché i candidati saranno tutti omologati. Io propendo più per la seconda. Sulla scorta della presentazione di molti candidati si è diffuso un po’ di ottimismo e gli ultimi sondaggi parlano addirittura di un’affluenza al 50%. Ma bisognerà vedere a chi sarà effettivamente concesso di presentarsi.

Tra i nomi dei candidati ci sono quelli dell’ex presidente Ahmadinejad, del presidente del Parlamento Ghalibaf, del figlio dell’ex presidente Rafsanjani, di Jalili, che ha fatto parte della squadra iraniana che ha trattato per l’accordo sul nucleare. Qualcuno prevale sugli altri?

Per il momento non prevale nessuno. Secondo me a molti di questi non verrà neanche concessa la possibilità di presentarsi. Probabile che privilegino figure già presenti nelle istituzioni, anche se è molto difficile capirlo.

Qualcuno dice che per comprendere chi sarà il prossimo presidente bisogna vedere chi era e cosa ha fatto Raisi, perché il regime vuole un candidato dello stesso tipo. È così? Qual è il lascito politico di Raisi?

Raisi non ha lasciato una grande impronta, se non quella della repressione del dissenso interno. È rimasto in carica poco perché è stato eletto nel 2021. Molto si giocherà anche sull’accordo relativo al programma nucleare. Tra le forze economiche molti spingono per arrivare a un’intesa con gli USA. Non so, però, se queste lobby riusciranno a vincere e indicare un candidato che possa tirare le fila su questo argomento.

Si cerca qualcuno che riprenda l’accordo con Obama togliendo le sanzioni occidentali?

Sì, qualcuno che provi ad aggiornare quell’accordo, allentando le sanzioni. Questo è quello che chiede una parte dell’opinione pubblica, soprattutto quella più sensibile agli aspetti economici. È uno degli elementi cruciali. Quando cadde l’elicottero su cui viaggiava Raisi e non si riusciva a trovarlo, gli iraniani chiesero addirittura aiuto agli USA: il filo con gli americani non è mai stato completamente spezzato, anche se mantenendo contatti attraverso intermediari.

Potrebbe esserci qualcuno che si fa interprete di queste istanze? Significherebbe un cambiamento notevole anche per quanto riguarda la politica estera?

Sicuramente tra gli 80 c’è qualcuno che sarebbe in grado di operare questo cambiamento, ma non tra gli ultraconservatori. Ed è probabile che il regime peschi i candidati in questa categoria.

La priorità del regime sembra quella della conservazione del potere. Cosa potrebbe far cambiare idea sul nuovo presidente?

Potrebbero cambiare idea se capissero che la conservazione del potere passa da qualche concessione e da un accordo sul nucleare. C’è un po’ di ambiguità nella politica iraniana: hanno attaccato Israele ma non più di tanto e anche la risposta degli israeliani è stata minimizzata, anche se ha distrutto tutti gli impianti radar accanto ai siti nucleari iraniani. C’è arroganza ma anche prudenza. In questo contesto potrebbe prevalere qualche considerazione di ragionevolezza.

Dal punto di vista interno, invece, cosa dovrà fare il nuovo presidente? Cosa si aspetta il regime?

Il regime punta a mantenere il potere e può farlo con la repressione o mollando un po’ la presa. Ripeto, ha delle ambiguità: non dobbiamo pensare che abbia una faccia sola, altrimenti non capiamo la società iraniana. Non è possibile una lettura univoca, con pregiudiziali ideologiche troppo forti. Basta ricordare cosa è successo all’ONU dopo la morte di Raisi: gli hanno dedicato un minuto di silenzio, una serie di rievocazioni. L’Iran ha un suo seguito e non può dimenticarselo. C’è una complessità di situazione che induce alla prudenza e al realismo.

(Paolo Rossetti)

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