In Iran il clima politico e sociale, da circa un anno a questa parte, verte in una condizione di profonda crisi. Infatti, dopo la morte di Mahsa Amini, giustiziata perché non indossava il velo in pubblico in nome della sharia, ovvero la legge islamica dettata dalle parole del profeta Maometto, in tutto il paese si è sollevato il movimento che ha preso il nome di “Donne, vita e libertà”, contro l’applicazione troppo stringente e spesso ingiusta delle leggi del Profeta.



Di contro, però, il governo dell’Iran ha reagito alle proteste con il pugno di ferro, dispiegando l’esercito per sedare le rivolte, anche se pacifiche, ed inasprendo l’applicazione della sharia e delle sentenze. Secondo quanto racconta il quotidiano francese La Croix, infatti, nell’ultimo anno sono aumentati esponenzialmente gli arresti, nella maggior parte di casi di attivisti sindacali e politici, oltre che di civili, con pene carcerarie lunghe e rigide. Inoltre, in Iran sono anche aumentate le esecuzioni, con un’incidenza pari nel 2022 al 75% in più rispetto ai dati registrati nel 2021, con un aumento rigido negli ultimi tre mesi dell’anno, ovvero subito dopo la morte di Mahsa Amini e l’inizio delle proteste.



L’accusa: “L’Iran strumentalizza le esecuzioni in nome dell’Islam”

Insomma, in Iran l’aria che si respira non potrebbe essere più complicata, con un aumento generalizzato degli arresti, delle sentenze lunghe e rigide e, soprattutto, delle esecuzioni. Diversi commentatori, inoltre, ritengono che vi sia una generale strumentalizzazione delle morti in nome dell’Islam, come sottolinea per esempio l’esperta di diritto Sara Karimkhani, sempre citata dal quotidiano francese. Secondo lei, infatti, “la Repubblica islamica utilizza le esecuzioni come strumento politico”.



Non solo, perché contestualmente il governo dell’Iran, con l’appoggio del sistema di giustizia locale, infligge pene senza permettere ai manifestati accusati un giusto processo. Lo spiega la stessa Karimkhani, che sottolinea come agli imputati non sia talvolta data la possibilità di appellarsi ad un legale che li difende, emettendo anche sentenze senza informare lo stesso imputato, sottoporlo a giudizio, o informare i suoi familiari. La strategia dell’Iran, racconta La Croix, è quella di mettere a tacere le rivolte della popolazione, dimostrando come i manifestanti siano considerati in errore secondo la legge islamica della sharia.