È morto questa mattina in Iran Alireza Akbari, impiccato per esecuzione dopo la condanna a morte per l’accusa di spionaggio internazionale. Akbari aveva la doppia cittadinanza, inglese e iraniana, e aveva ricoperto in Iran la carica di viceministro della Difesa per otto anni, dal 2000 al 2008, sotto la presidenza di Mohammad Khatami. Successivamente, si era ritirato dalla vita politica e aveva iniziato a lavorare indipendentemente per il governo britannico. Era stato arrestato a marzo del 2019 e condannato con l’accusa di aver collaborato con l’intelligence inglese, rivelando importanti segreti di Stato. Durante la sua permanenza in prigione gli è stata poi negata anche l’assistenza da parte del “Foreign Office“, perché l’Iran non aveva riconosciuto la sua doppia cittadinanza.



Nei giorni scorsi era circolato su internet un video, nel quale, Alireza Akbari confessava i suoi reati. Successivamente, la Bbc ha pubblicato un file audio con la voce del condannato, nel quale egli dice chiaramente di essere stato torturato e drogato, pur di essere costretto a confessare crimini che non aveva commesso.



Alireza Akbari impiccato in Iran: dura condanna del gesto da parte di Usa e Gran Bretagna

Subito dopo la notizia ufficiale dell’impiccagione di Alireza Akbari sono arrivate le dichiarazioni di dura condanna rispetto all’atto compiuto dal governo iraniano. Da Londra il primo ministro britannico Rishi Sunak, ha pubblicato un tweet nel quale dice di essere sconvolto dalla notizia dell’esecuzione, definendo l’Iran “un regime barbaro senza alcun rispetto per i diritti umani del proprio popolo”, mentre il ministro degli Esteri inglese James Cleverly promette di fare luce sulla vicenda: “Non rimarrà senza una risposta”.



Dagli USA le reazioni erano già arrivate prima della morte di Akbari, con un appello per la sua liberazione. Secondo il governo americano, infatti, le accuse di spionaggio sarebbero state dei pretesti per effettuare una esecuzione di tipo politico. Akbari, infatti, ha dovuto subire lo stesso destino riservato in precedenza anche ad altri cittadini con la doppia nazionalità, utilizzati dal regime iraniano come “merce di scambio” per accordi diplomatici e scambi di detenuti.