Prima l’ha decapitata, poi ha fatto una specie di parata pubblica con la testa mozzata della moglie diciassettenne per le strade della sua città, Ahvaz, nel sud ovest dell’Iran. E’ successo pochi giorni fa, un mostruoso esempio degli abusi maschili sulle spose minorenni (che è già un gesto condannato da tutto il mondo, il matrimonio con le cosiddette “spose bambine”) nei paesi islamici, accaduto soltanto perché la ragazzina, stanca delle violenze e degli abusi subiti dal marito, aveva osato chiedere il divorzio. La donna, che ha un figlio di tre anni, era anche riuscita a fuggire in Turchia, ma il marito era andato a riprenderla e l’aveva riportata a casa per punirla per quello che è considerato nel paese islamico “un delitto d’onore”.



 Gli abusi basati sull’onore includono il matrimonio forzato, che vede ragazze portate all’estero per essere sposate con sconosciuti, controllo coercitivo, mutilazioni genitali femminili, aggressioni, minacce di omicidio, tentato omicidio e omicidio. La polizia iraniana ha arrestato l’uomo, ma, come ha fatto sapere l’avvocato difensore dei diritti umani Yonah Diamond, parlando con il quotidiano inglese The Independent, “Le autorità iraniane hanno consentito la barbara decapitazione di Mona Heydari per aver chiesto il divorzio da un matrimonio violentemente abusivo, assumendosi la piena responsabilità”. Non è un fenomeno isolato, ha aggiunto: “Si è verificato in un sistema che legalmente permette ai funzionari della giustizia di prendere di mira i difensori dei diritti delle donne, compresi quelli che educano le donne sui loro diritti al matrimonio, con pene più dure – più lunghi periodi di reclusione, frustate, isolamento e abusi – rispetto agli uomini che uccidono brutalmente le loro mogli o figlie”. I diritti delle donne sono severamente limitati in Iran e indossare il velo è obbligatorio in pubblico per tutte le donne. Coloro che non indossano l’hijab o lasciano che i capelli siano visibili  mentre indossano un hijab, rischiano punizioni che vanno dalla multa alla reclusione. Hadi Ghaemi, direttore esecutivo del Center for Human Rights in Iran, che ha sede a New York, ha dichiarato: “La sposa bambina decapitata potrebbe essere viva oggi se il governo iraniano avesse emanato leggi contro la pratica crudele dei matrimoni precoci e protezioni contro la violenza domestica. Il governo iraniano è responsabile della sua morte quanto il suo assassino”.

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