A gennaio due ispettori di sorveglianza atomica delle Nazioni Unite sono partiti per la centrale nucleare iraniana di Fordow. Alle controparti iraniane non hanno dato alcun avviso della visita imminente. Per l’Agenzia per l’Energia si tratterebbe di un’ispezione di routine non programmata, progettata per dare al personale il minor tempo possibile per apportare modifiche alle apparecchiature. Proprio in questa occasione sarebbe stata fatta una scoperta allarmante. Infatti, due “cascate” di centrifughe per l’arricchimento dell’uranio sono state configurate in modo “sostanzialmente” diverso da quello che le autorità nucleari iraniane avevano dichiarato all’AIEA.



Gli scienziati iraniani hanno insistito sul fatto che non fosse cambiato nulla, ma gli esperti dell’AIEA hanno prelevato campioni di polvere dall’area, spediti al quartier generale di Vienna. Dopo aver esaminato le particelle, l’AIEA ha fatto una scoperta importante: l’uranio nella polvere è stato arricchito fino a una purezza fino all’83,7%, il livello di gran lunga più alto rilevato in Iran. Dunque, dopo tale scoperta è apparso evidente che Teheran fosse più vicina che mai alla capacità di produrre armi nucleari.
Il programma nucleare iraniano, da quando gli Stati Uniti sotto il presidente Donald Trump si sono ritirati unilateralmente dall’accordo firmato da Teheran con le potenze mondiali, è più avanzato che mai.



L’Iran spaventa l’Occidente

Il generale Mark Milley, presidente dei capi di stato maggiore congiunti, aveva dichiarato in un’udienza al Senato a marzo che l’Iran “potrebbe produrre abbastanza materiale fissile per un’arma nucleare in circa 10-15 giorni e ci vorrebbero solo diversi mesi per produrre una vera arma nucleare”. Dunque, i diplomatici occidentali lavorano per arginare i progressi dell’Iran, tra i timori delle grandi potenze. Gli Stati Uniti hanno fatto sapere all’Iran che vedono qualsiasi arricchimento al di sopra del 60% come “una marcia verso l’armamento”. “Per gli americani, è importante che qualcosa avvenga contemporaneamente sul fronte dei prigionieri e sulla questione nucleare“, afferma un alto diplomatico straniero al Financial Times. “Uno scambio di prigionieri potrebbe aiutare a sbloccare i negoziati sul nucleare”, spiega ancora.



Intanto è previsto un accordo provvisorio per allentare alcune sanzioni in cambio della riduzione di alcune delle sue attività nucleari da parte dell’Iran. La scoperta delle particelle arricchite all’83,7% è stata una “drammatica dimostrazione di come potrebbero finire le cose se non ci fosse uno sforzo per calmare il clima”, aggiunge. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha dichiarato che il suo Paese “farà tutto il necessario per difendersi, con le proprie forze, da qualsiasi minaccia” visto l’eventuale sviluppo del programma nucleare iraniano.