L’economia iraniana è a pezzi, principalmente a causa delle sanzioni USA, e le sue ricadute sociali sono sempre più pesanti. Per questo, le voci insistenti di uno spiraglio tra Teheran e Washington per rilanciare un accordo sul nucleare risultano attendibili. Certo, arrivare a un’intesa non sarà facile, osserva Rony Hamaui, docente di scienze bancarie all’Università Cattolica di Milano ed esperto di economia e finanza islamica, ma per il governo del presidente Pezeshkian, che l’aveva messa come uno dei punti salienti del suo programma elettorale, sta diventando una sorta di strada obbligata. Anche i rumors su un possibile cessate il fuoco in Libano, con gli Hezbollah che accetterebbero di ritirarsi dietro la linea del fiume Litani allontanandosi dal confine israeliano, potrebbero essere interpretati come uno dei tasselli che vanno a costituire nuovi rapporti sull’asse Iran-USA. Trump, d’altra parte, presentatosi alle elezioni come pacificatore non solo del Medio Oriente, avrebbe tutto l’interesse a stabilizzare l’area: potrebbe così fare affari con i suoi amici sauditi, che proprio con l’Iran hanno riallacciato i rapporti, ma anche dedicarsi a quello che considera il vero nemico degli Stati Uniti: la Cina.



Professore, Pezeshkian dice che prima o poi bisognerà parlare con gli USA, e Sky News sostiene che l’Iran avrebbe sospeso ogni decisione su un nuovo attacco a Israele per parlare con Trump e sondare la possibilità di un nuovo accordo sul nucleare. Davvero Teheran e Washington possono tornare a parlarsi?

Credo che sostanzialmente abbiamo due novità: il nuovo governo iraniano ha un disperato bisogno che vengano abolite le sanzioni, perché l’inflazione è alle stelle e l’energia elettrica viene interrotta ormai più volte al giorno; inoltre, Trump viene considerato un personaggio imprevedibile e pragmatico. Mettendo insieme questi due elementi, le voci che sono circolate potrebbero essere attendibili, anche se da qui a dire che si arriverà a un accordo ce ne corre.



Ma la situazione in Iran è così grave?

È estremamente complicata: i cali dell’energia elettrica sono un ulteriore problema, che si aggiunge al proibitivo costo della vita e alla crescita della disoccupazione. Gli iraniani riescono a esportare il petrolio grazie alle navi fantasma e sono costretti a usare un petrolio particolarmente inquinante per produrre la poca energia elettrica che hanno a disposizione. Mancano anche i pezzi di ricambio per i generatori. Per tutto questo, molti giovani stanno scappando via. In questi giorni, un attivista, Kianoosh Sanjari, novello Jan Palach, si è suicidato per protesta, chiedendo di liberare i prigionieri politici.



In un contesto del genere, quindi, il tentativo di riallacciare i rapporti con gli americani è una questione di sopravvivenza?

Sono tutti indicatori che anche gli iraniani devono far buon viso a cattivo gioco. Trump, d’altra parte, vuole fare il salvatore del mondo, e loro vogliono dargli la possibilità di farlo. Non è detto che tra lui e Musk non si convincano che l’accordo sul nucleare sia una bella idea. Stabilizzare l’Iran significherebbe stabilizzare tutta la regione.

A questo punto, quindi, il presunto imminente attacco iraniano contro Israele deve essere per forza rimandato?

Non ci ho mai creduto più di tanto. Anzi, ho sempre pensato che gli israeliani, una volta distrutte le difese antiaeree, potessero sferrare un colpo agli impianti nucleari e petroliferi iraniani. Questo è un altro elemento che ha indotto la presidenza iraniana a spingere nella direzione di un accordo. In questa regione, a volte le minacce sono utili.

Secondo la piattaforma Axios, ripresa da Adnkronos, nell’attacco di fine ottobre gli israeliani avrebbero distrutto un importante impianto nucleare iraniano. Teheran potrebbe essersi convinta a trattare anche per questo?

Non ho notizie su questa operazione militare. Certo è, comunque, che la minaccia israeliana, sostenuta da Trump, è considerata più credibile. Un aspetto che può aver giocato un ruolo. Tra l’altro, gli israeliani hanno preso fiducia perché nell’ultimo attacco sono riusciti a compiere rifornimenti aerei con i loro caccia: credo che anche per questo non considerino più impossibile colpire i siti nucleari iraniani.

Intanto, Trump avrebbe avallato il piano presentatogli dal ministro israeliano per gli Affari strategici, Ron Dermer, per un cessate il fuoco in Libano: Hezbollah si ritirerebbe dietro la linea del Litani, come recita la famosa risoluzione ONU 1701. Visto che dietro Hezbollah c’è l’Iran, un altro segnale importante?

Sì, potrebbe essere anche questo un segnale di disgelo. La situazione sul campo per gli israeliani non è semplicissima: hanno neutralizzato l’artiglieria di Hezbollah, ma oggi i missili diretti verso Israele arrivano da località più a nord. La parte più a sud, quella sotto il Litani, dal punto di vista missilistico è relativamente sotto controllo, ma l’IDF non ha conquistato quell’area e subisce ogni giorno perdite importanti. Credo che non dispiacerebbe anche a Israele garantirsi un po’ di tranquillità su quel fronte.

Se l’Iran vuole un accordo con gli USA, potrebbe dire a Hezbollah di assecondare il piano?

Sono legati a filo doppio. Basta farglielo capire.

Trump è sempre stato molto vicino ai sauditi, ma Riad ha riallacciato i rapporti con Teheran e li sta coltivando. Un accordo USA-Iran, tutto sommato, potrebbe favorire anche il business americano con l’Arabia?

Trump ha in testa solo l’America First e tutto quello che può beneficiare gli USA gli sta bene. Quattro anni fa aveva lasciato gli Accordi di Abramo, e ora vuole riprendere il filo con l’Arabia Saudita. Si rende conto che, in una situazione del genere, diventa difficile arrivare a un’intesa, ma una volta sistemato il fronte libanese trovare una soluzione per Gaza non è impossibile. L’America, d’altronde, ha molti interessi in tutto il Medio Oriente. E poi l’unico vero nemico degli USA, secondo Trump, è la Cina. Più la si isola dalla Russia e dal Sud del mondo, più lui è felice.

Perché sono così importanti le sanzioni americane contro l’Iran?

Sono molto invasive. Se italiani o francesi stringono un deal con l’Iran, indirettamente è come se avessero violato le sanzioni americane e quindi sono soggetti a subire le conseguenze: sono sanzioni che mordono.

In caso di accordo, l’Iran dovrà rinunciare definitivamente a realizzare armi nucleari?

Per il momento, sì. Ma sono talmente vicini a farlo che un giorno potrebbero riprendere da dove hanno lasciato.

(Paolo Rossetti)

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