La complessità dello scontro Iran-Iraq-Usa acquisisce sempre più una dimensione “mondiale” che non fa che aumentare i timori delle Nazioni Unite attorno ad un focolaio che non sembra voler diminuire il suo proliferare: dopo la Germania anche la Croazia ha dislocato le sue (poche) truppe dall’Iraq al Kuwait, mentre la Nato ha annunciato – pur rimanendo saldamente al fianco degli Usa – di ritirare «temporaneamente» parte del suo personale dall’Iraq. Di contro, il Governo di Francia ha fatto sapere – come quello italiano, al momento – di non aver intenzione di ritirare le proprie truppe dal Paese iracheno. In una lunga conferenza stampa dalla Casa Bianca, il Segretario di Stato Mike Pompeo ha aggiornato sullo stato attuale della potenziale “guerra mondiale” con Teheran, spiegando come l’Iran stia lavorando per «minare il processo di pace in Afghanistan, dove ha rapporti tra l’altro con i talebani». Intanto la Cnn, citando due dirigenti Usa, ha fatto sapere che le forze Use sono in massima allerta per possibili attacchi con droni: «le batterie missilistiche per la difesa aerea in Medio Oriente sono state poste in stato di massima allerta contro eventuali attacchi con droni, dopo l’escalation della tensione con Teheran per l’uccisione di Soleimani», riporta il network americano, confermando le simili informazioni giunte ai servizi di intelligence di Washington nei giorni scorsi.



MINACCIA IRAN “USA VIA OPPURE ALL’INFERNO”

Sono almeno 40 i morti registrati a Kerman durante la sepoltura del generale iraniano Qaseem Soleimani, frutto della calca assurda provocata dal grande afflusso di persone presenti al momento della cerimonia. Almeno una cinquantina sarebbero i feriti mentre i corpi recuperati senza vita sono al momento appunta 40: per questo motivo le autorità iraniane hanno rinviato per ragioni di pubblica sicurezza la sepoltura del generale ucciso nel raid Usa dopo Capodanno. La tensione in Medio Oriente resta altissima, con le ultime minacce lanciate da Teheran che arrivano direttamente dal segretario del Supremo ammiraglio del Consiglio di sicurezza nazionale iraniano Ali Shamkhani: riferendosi a Trump e tutto l’Occidente, minaccia «Se le forze americane pensano di rimanere tranquilli nelle loro basi, distruggeremo sia queste che i loro occupanti. In effetti, sperano di sfuggire alla nostra vendetta e chiudere le porte, ignari che l’Iran aprirà per loro la porta dell’inferno». La “terza guerra mondiale” resta sempre strisciante sia nei possibili effetti e sia nelle decisioni che diverse potenze stanno prendendo in questi giorni: è di oggi la decisione del Governo Merkel di ritirare tutte le truppe tedesche dall’Iraq (con trasferimento in Kuwait e Giordania) per motivi di sicurezza: «il contingente tedesco di stanza a Baghdad e a Taji, a nord della capitale irachena, composto da una trentina di persone, sarà provvisoriamente ridotto», svela a France Presse un portavoce del Ministero della Difesa di Berlino.



IRAQ “TEATRO” DELLA GUERRA IRAN-USA

La chiamiamo “terza guerra mondiale non tanto per una malcelata dietrologia “guerrafondaia” ma per il forte rischio di “contagio globale” che dal Medio Oriente rischia di scagliarsi contro l’Occidente, la Russia e la Cina nei prossimi mesi a venire dopo lo scontro in atto tra Usa e Iran. La morte del generale Soleimani – oggi la sepoltura a Kerman con ancora prevista folla oceanica di sciiti come vista ai funerali ieri a Teheran – continua a rimettere benzina sul fuoco già altissimo tra le due superpotenze, con l’Iraq come costante “teatro” dello scontro tra l’altro diviso al proprio interno proprio per la supremazia interna tra curdi-sunniti e sciiti. Le novità di giornata, oltre alle costanti minacce che arrivano dalla Casa Bianca sulla reazione «spropositata» qualora l’Iran decidesse di contrattaccare, giungono dal Pentagono: nelle scorse ore era divenuta pubblica una lettera dei vertici militari Usa in merito all’imminente annuncio dell’addio dall’Iraq di tutte le truppe americane. Ebbene, questa mattina il capo del Pentagono Mark Esper ha smentito su tutta la linea spiegando «non c’è stata assolutamente alcuna decisione di lasciare il Paese». La missiva era solo una bozza non firmata e finora mai formulata che mirava «all’aumento del livello di movimento di truppe, ma non doveva essere inviata». Al netto di capire chi abbia avuto il vantaggio di far uscire una lettera così in un momento così delicato come quello tra Usa, Iran e Medio Oriente, le acque sia interne agli Stati Uniti che nell’Occidente si muovono pericolosamente.



TERZA GUERRA MONDIALE: UE DIVISA SU USA E IRAN

In primis, il Pentagono smentisce direttamente il proprio Presidente Donald Trump e in merito alla possibilità paventata dal tycoon di colpire 52 siti culturali iraniani (lo stesso numero degli ostaggi Usa nel famoso assedio all’ambasciata di Teheran del lontano 1979, inizio della Rivoluzione degli Ayatollah in Iran) afferma «gli Usa rispetteranno le leggi dei conflitti armati». In secondo luogo, l’Ayatollah Khamenei esce direttamente allo scoperto e annuncia che ogni rappresaglia di rivalsa contro gli Stati Uniti dovrà essere esercitata da forze iraniane e non da alleati o “contractors” sparsi in Medio Oriente; terza e ultima “novità” riguarda la posizione finora “impotente” dell’Unione Europea e in generale dello stesso Onu. Con il teatro di scontro in Libia da un lato e la potenziale terza guerra mondiale pronta ad esplodere in Iraq e Iran, Bruxelles non riesce a trovare una linea comune tra i principali leader europei come dimostrano le dichiarazioni sparsi e “contrarie tra loro” di Macron, Merkel, Conte e Boris Johnson: Ursula von der Leyen afferma «bisogna percorrere la via della saggezza e non dell’escalation» ma al momento il peso giocato dall’Europa è davvero basso e rischia di rimanere inascoltato. Da ultimo, il Ministro degli Esteri di Teheran Zarif arriva a condannare le Nazioni Unite per non aver ancora convocato un Consiglio di Sicurezza sull’attacco a Soleimani: non solo, afferma che gli Usa avrebbero rifiutato di rilasciargli un visto per partecipare alle riunioni Onu a New York «Temono che qualcuno venga negli Stati Uniti e riveli la realtà».