L’Iran non poteva non attaccare Israele e la decisione questa volta è stata condivisa da pasdaran e governo riformista del presidente Pezeshkian. Doveva dimostrare che è ancora presente in Medio Oriente e non abbandona i suoi alleati. Ma la guerra Teheran-Tel Aviv, spiega Rony Hamaui, docente di scienze bancarie all’Università Cattolica di Milano ed esperto di economia e finanza islamica, non ci sarà, almeno non in questo momento. Senza gli americani, gli israeliani non sono in grado di sostenere un conflitto di questo tipo e Biden non sembra avere nessuna intenzione di sostenere un attacco in grande stile, neanche alle strutture per sviluppare il programma nucleare di Teheran. È probabile, quindi, che gli israeliani reagiscano con azioni anche eclatanti, magari sul tipo dell’uccisione del capo di Hamas, Ismail Haniyeh, ma senza spingere lo scontro fino a una guerra aperta con il regime degli ayatollah.



Quali sono le vere ragioni dell’attacco a Israele e quali conseguenze potrebbe avere?

Credo che l’Iran non avesse alternative: se voleva dimostrare che gli Hezbollah gli stanno a cuore, doveva in qualche modo reagire. Non penso che sia la mossa giusta e che sia servita, ma il Medio Oriente è fatto anche di immagine: bisogna dimostrare di esserci, di essere al fianco delle popolazioni, perlomeno di quella parte che interessa. Penso che sia essenzialmente questa la motivazione che ha spinto gli iraniani: ribadire che esistono, che hanno 200 missili che possono sparare con una relativa precisione a grande distanza, anche se in Israele c’è una difesa che riesce a contrastarli. Sono missili che oggi gli iraniani lanciano verso Israele, ma che domani potrebbero essere diretti in Arabia Saudita o in qualsiasi altra parte. C’è la volontà di ribadire che l’Iran è una potenza militare della zona, nonostante il fatto che, secondo alcuni, il risultato non sia stato particolarmente brillante. Sulla riuscita dell’attacco, comunque, ci sono versioni diverse.



L’attacco significa che nel regime iraniano riprendono quota i pasdaran? Che il nuovo governo riformista in realtà non ha molto spazio per muoversi?

Difficile dire cosa succede in Iran oggi, ma credo che questa sia stata una scelta condivisa, accettata da tutti, vissuta per ora come una scelta indolore. In un altro momento, come quello della guerra in Iraq, probabilmente gli americani avrebbero approfittato del lancio dei missili come scusa per bombardare e interrompere il processo di sviluppo del nucleare iraniano. Adesso, tuttavia, non hanno questa forza, o comunque non è nelle loro intenzioni. L’Iran ha attaccato sentendosi abbastanza tranquillo sul fatto che non ci sarebbero state ripercussioni da parte di Washington. Israele, da solo, a duemila chilometri di distanza non riesce a essere efficace più di tanto. Questa è stata la scommessa iraniana: dimostriamo di esserci senza farci troppo male. Sanno che in questo momento rimarranno impuniti.



Netanyahu e altri esponenti del governo israeliano però hanno già annunciato una risposta esemplare. Anche Lapid, capo del maggiore partito di opposizione, ha invocato una risposta dura nei confronti di Teheran. Cosa succederà?

Penso che sarà limitata, come lo fu dopo l’attacco di marzo, e poi comunque gli iraniani cercheranno di nasconderlo. C’è un solo scenario: Israele risponde, ma gli USA stanno a guardare o sostengono da lontano, senza intervenire direttamente. Lo scenario alternativo vero, ma che in questo momento non è possibile, è un’entrata pesante degli americani per distruggere le strutture del nucleare iraniano. Ora gli Stati Uniti non sono in grado di portarlo avanti. Probabile, allora, che Israele risponda con qualche azione mirata, ma finirà tutto lì.

Nessuna guerra vera e propria, insomma?

Una vera guerra Iran-Israele non è pensabile per motivi geografici. È possibile il lancio di missili, ma uno scenario vero di conflitto non è pensabile, nonostante tutti gli osservatori sembrino assecondare questa tesi. Anche tecnicamente Israele non ce la fa: è bravissimo a difendersi a Gaza, in Libano, può fare qualche incursione contro gli Houthi, ma non credo riesca ad affrontare da solo la guerra all’Iran. Gli israeliani sono troppo distanti e troppo pochi, per quanto avanzati tecnologicamente. Non hanno i numeri in termini di aerei e uomini.

Potrebbero mettere in campo qualche altra azione dimostrativa, eclatante, sul tipo di quella che ha portato all’uccisione di Haniyeh, ma non andare oltre?

Lo scenario della guerra io non lo vedo, perché non ci sono gli USA. Biden non ha nessuna voglia di impegolarsi in una situazione di questo genere e forse non l’avrà neanche Trump se dovesse essere eletto.

Questo anche se agli americani farebbe comodo un cambio di regime a Teheran?

Certamente, farebbe comodo, ma sperano che il regime iraniano cada da solo, anche se adesso non mi sembra ci siano le condizioni perché questo succeda.

La Russia ha detto la sua in questo attacco, ha approvato l’operato degli alleati iraniani?

Credo di no. È un’alleanza che si gioca su altri piani, il sostegno è più politico che militare. La Russia non è più un fornitore netto di armi all’Iran, ma un importatore. Può solo aiutare in certe tecnologie riguardo al nucleare e ai missili.

Un eventuale maggiore coinvolgimento dell’Iran nel conflitto potrebbe anche aprire la strada a un cambio di regime?

L’alternativa ancora non c’è veramente. Bisogna vedere chi succederà a Khamenei. Ha 85 anni. Non dico che la sua successione sia una questione di giorni, ma molto dipenderà da chi prenderà il suo posto.

(Paolo Rossetti)

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