Gli Houthi lanciano missili contro le navi mercantili e gli USA rispondono, la Turchia colpisce i curdi in Iraq e Siria, gli stessi Paesi in cui le basi americane sono diventate bersaglio dei droni nemici. Tra Hezbollah e IDF un’altra guerra aerea sul confine Libano-Israele. E poi missili iraniani, che oltre a colpire obiettivi iracheni e siriani, vengono indirizzati in Pakistan. Da ultimo la risposta pakistana con il lancio di ordigni nelle zone di confine con Teheran. Tutto nato dai razzi inopinatamente partiti da Gaza contro Israele il 7 ottobre.
In Medio oriente c’è una gran voglia di mostrare i muscoli e lo scontro fra Iran e Pakistan, l’ultimo della serie in un’area martoriata dai conflitti, probabilmente, spiega Rony Hamaui, docente di scienze bancarie nell’Università Cattolica di Milano ed esperto di economia e finanza islamica, può essere compreso utilizzando questa chiave di lettura e un leitmotiv che vale anche per le altre situazioni di tensione: non c’è una vera volontà di guerra, ma l’intenzione di dimostrare la propria potenza, di mettere in guardia gli avversari. Così ha fatto l’Iran inviando i suoi missili, con i quali ha voluto mandare un avvertimento agli Stati Uniti. Teheran, d’altra parte, è il vero elemento destabilizzante della regione, ancora di più oggi che è uscito dall’isolamento e ha allacciato rapporti stretti con Russia e Cina.
Professore, dopo i missili iraniani in Pakistan che hanno fatto sette morti, e che secondo Teheran erano indirizzati ai terroristi sunniti di Jaish Al Adl, ecco quelli pakistani nella zona di confine con l’Iran contro le attività terroristiche dei Sarmachar (altri 9 morti). Il rischio di escalation del conflitto israelo-palestinese si estende anche ad altri scenari?
Per il momento credo che siano missili tirati per dimostrare di esserci, anche perché ciascun Paese si affretta poi a dire che non ce l’ha con il vicino che ha colpito. Credo che l’obiettivo di queste azioni sia più la volontà di mostrare che si è in grado di colpire il nemico, che si ha la capacità di farlo. Non vedo vere e proprie strategie di attacco. Sono delle dimostrazioni di forza.
L’Iran ha venduto le sue iniziative come reazione al devastante attentato dei primi giorni di gennaio vicino alla tomba del generale Soleimani. L’attacco in Pakistan sarebbe contro il gruppo sunnita che si è già reso protagonista di azioni in Iran. È questo il motivo dell’azione militare?
Non so se abbiano delle vere prove per collegare questi gruppi all’attentato di Kerman: i missili sono atti dimostrativi, per mostrare i muscoli. Penso che quando ci sono regimi autocratici come a Gaza, nello Yemen e in Iran, questi governi abbiano bisogno anche di avere dei nemici esterni. Non per niente sono proprio questi regimi a iniziare le guerre. Siamo in questa logica.
Ma i rapporti fra Iran e Pakistan sono tali da pensare addirittura a una guerra? Spesso si accusano reciprocamente di tollerare la presenza di gruppi terroristici sui rispettivi confini.
Sono due Paesi musulmani, uno è sciita e l’altro è sunnita. Stare vicino all’Iran oggi non è semplicissimo, però nessuno dei due vuole farsi la guerra. L’Iran non ha mai dichiarato che vede il Pakistan come nemico, ancora di meno l’Iraq, regime in cui gli iraniani svolgono un grande ruolo. Eppure ha tirato un paio di missili anche in quella direzione. È una partita dove ognuno segna il suo territorio.
Sta di fatto che i focolai di guerra che fanno presagire un allargamento del conflitto mediorientale sono sempre di più. Quanto è serio il pericolo dell’escalation?
Si sparano missili ovunque però nessuno ha voglia di fare la guerra. In molti dicono di essere a favore dei palestinesi, ma alla fine la questione palestinese non interessa più di tanto. Ognuno ha i suoi interessi e la sua agenda politica.
Gli iraniani, anche con questi ultimi missili, ribadiscono l’intenzione di diventare egemoni, se non lo sono già, nell’area mediorientale?
Sono riusciti ad avere un’influenza molto forte in Siria, nello Yemen, in Iraq, con Hamas, con gli Hezbollah: la loro area di influenza è molto aumentata. Stanno per costruire una bomba atomica o comunque sono in grado di farlo. Il vero elemento destabilizzante di tutta l’area è questo. Tutti gli altri Paesi se ne starebbero anche in relativa pace, invece il regime iraniano è particolarmente aggressivo.
Come mai negli ultimi anni c’è stata questa espansione degli iraniani nella regione?
Bisogna tenere contro che l’Iran ora non è più isolato come cinque o dieci anni fa: ha dietro la Russia e anche la Cina.
Per spiegare le tensioni occorre considerare anche lo scontro fra sunniti e sciiti?
Sì, anche se gli aspetti politici hanno preso il sopravvento su quelli religiosi. Il dato politico dell’area, comunque, è il rafforzamento dell’Iran. Tutte le sanzioni contro Teheran non sono servite a niente. Il quadro geopolitico vede l’Iran come l’attore centrale e più aggressivo del Medio Oriente.
La Cina si è subito offerta di mediare tra Iran e Pakistan: Pechino sta acquisendo un ruolo sempre più importante in questa parte di mondo?
Assolutamente sì. Gli iraniani sono molto meno isolati di un tempo perché hanno legami con la Russia e con la Cina, con la quale riescono a commerciare e a vendere petrolio. Pechino sta diventando un punto di riferimento per tutta l’area. È questo che ha reso ulteriormente instabile la regione: l’Iran, forte della rottura dell’isolamento, è riuscito a espandersi creando un disordine del quale, tutto sommato, è l’unico che beneficia dal punto di vista politico. Ha acquisito un ruolo dominante. Il problema sono Iran, Russia e Cina, tutti gli altri sono attori secondari.
Tornando allo scontro Iran-Pakistan, tuttavia, non c’è da aspettarsi una vera guerra?
Credo di no. Il vero antagonista cinese in quell’area è l’India, non il Pakistan, quindi non penso che la Cina, e tantomeno la Russia, vogliano un conflitto fra questi due Paesi. Iran e Pakistan hanno sempre mantenuto rapporti diplomatici, anche se adesso hanno ritirato tutt’e due i rispettivi ambasciatori. Il Pakistan, ad esempio, non ha mai applicato sanzioni contro l’Iran. Certo, siamo di fronte a una situazione così instabile che le cose possono cambiare rapidamente, ma se guardiamo agli ultimi dieci anni fra Teheran e Islamabad non ci sono stati problemi enormi. Il lancio dei missili da parte dell’Iran è un messaggio trasversale per gli Usa: “Se mi attaccate sappiate che posso colpire anche voi”.
(Paolo Rossetti)
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