L’uccisione del generale iraniano Soleimani per il momento non sembra aver particolarmente disturbato “i mercati”. È salito il petrolio ed è continuato il rialzo dell’oro. Nel primo caso si sconta la rottura degli equilibri in Medio Oriente e la possibile destabilizzazione di diverse fazioni in campo, nel secondo si compra protezione con il più classico dei beni rifugio. Sono due “movimenti”, tra i tanti, che segnalano un aumento della volatilità e dei timori al di sotto degli indici che per ora non hanno smesso di salire.



Ci si interroga da giorni sulle conseguenze geopolitiche e finanziarie dell’uccisione di Soleimani e si è sentito di tutto. Non è facile razionalizzare perché gli Stati Uniti, per quanto esplicitamente, hanno consegnato alla cronaca un episodio di guerra asimmetrica che non si aspettava nessuno. Le probabilità di una guerra “vera”, nonostante i proclami iraniani, rimangono basse; certo sono marginalmente cresciute, ma sono ancora remote. L’Iran non ha la forza economica, dopo anni di sanzioni, o militare di affrontare apertamente e direttamente gli Stati Uniti. Non è nemmeno chiaro chi eventualmente correrebbe in suo aiuto. La Russia, concorrente in Siria e nello scenario mediorientale, molto probabilmente no anche per i rapporti tra Cina e Iran. Mosca non vorrebbe nemmeno che via Iran venisse regalata tecnologia alla Cina.



Questo non significa che non ci saranno reazioni da parte dell’Iran. Crediamo anzi che i mercati cominceranno a scontare un aumento della volatilità “scommettendo” su risposte asimmetriche da parte di Teheran facendo leva sulle proprie capacità di guerra “informatica”. L’Iran potrebbe spostare lo scontro sul terreno economico e finanziario selezionando obiettivi “soft” con attacchi “informatici” in grado di generare caos magari tra i consumatori americani. L’obiettivo potrebbe ragionevolmente essere quello di indebolire una presidenza, Trump, che a questo punto è evidentemente ostile e non preferibile; in sostanza si tratterebbe di fermare Trump al primo mandato sperando di trovare da gennaio 2021 una presidenza più favorevole. Rendere la campagna elettorale di Trump, oggi favorito, più complicata è un obiettivo che si può perseguire “arruolando” consumatori arrabbiati. Questo è uno scenario su cui si sono esercitati importanti diplomatici americani in posizioni apicali durante presidenze che nulla hanno a che vedere con quella attuale.



Se questo è lo scenario è possibilissimo che i rumour di tensioni e attacchi siano catalizzatori di volatilità sui mercati che oggi in apparenza ancora non si vede. Lo scenario di guerra aperta per il momento è escluso e questo spiega la tenuta degli indici degli ultimi, giorni ma poco dice dei prossimi mesi.

Infine ancora una volta l’Unione europea non esiste. Esistono dichiarazioni congiunte dei principali Stati europei e posizioni dei singoli Stati membri ciascuno con i propri interessi particolari. Vagheggiare di soluzioni europee o di posizioni comuni europee sul dossier iraniano, o su quello libico, a questa punto è malafede, ideologia spinta al ridicolo o impotenza totale. Temporeggiare in attesa che “l’Europa” si pronunci è assurdo e fuori dal tempo e dalla storia come dimostra, se mai ce ne fosse ancora bisogno, la crisi iraniana. Ognuno deve pensare a se stesso e decidere con chi vuole stare.