SI ROMPE IL GIÀ DELICATO RAPPORTO TRA STATO E CRISTIANI IN IRAQ

Se già il delicatissimo rapporto tra Stato e cristiani in Iraq più volte anche nel recente passato era stato messo in discussione, l’atto – definito «senza precedenti» dalla Chiesa Cattolica – del Presidente iracheno Rahid ha di fatto rotto il “patto” tra autorità politiche e minoranze religiose. Il cardinale Louis Raphaël Sako, patriarca di Babilonia dei Caldei, protesta da giorni contro la decisione del presidente dell’Iraq, Abdul Latif Rashid, di revocare un decreto del 2013 (dell’ex leader Jalal Talabani) che riconosceva lo stesso Sako come Patriarca e guida della Chiesa Caldea.



Secondo la versione di Baghdad, l’atto è stato revocato in quanto «è privo di legittimità costituzionale»: revocando il riconoscimento viene meno anche l’elemento chiave del Patriarca come responsabile dei beni ecclesiastici. «Il ritiro – ha detto Rashid – non pregiudica lo status religioso o giuridico del patriarca Sako». Non la pensa affatto così il leader cristiano che da anni ogni giorno si occupa della difficile fase di transizione di un Iraq dalla dittatura di Saddam fino all’attualità fatta di discriminazioni, attacchi e persecuzioni sparse per il Paese contro i cristiani. «Quello del presidente è stato un atto contro la comunità cristiana, che ha sofferto molto», ha spiegato la scorsa settimana il Patriarca caldeo invitando il Governo a cambiare la decisione del Presidente.



CARD. SAKO: “VOGLIONO ESPROPRIARE I BENI DELLA CHIESA”. LA FUGA DEL PATRIARCA

Non trovando alcuna risposta ufficiale, sabato 15 luglio il cardinale Sako ha annunciato di essersi trasferito in un monastero di Erbil, nel Kurdistan iracheno, passando per Istanbul: «campagna deliberata e umiliante» contro il Patriarca e l’intera Chiesa i motivi della fuga da Baghdad, secondo quanto spiegato dallo stesso cardinale in una nota diffusa sia in arabo che in inglese sul portale del Patriarcato. «Come sempre in gioco c’è la presenza cristiana e come Chiesa caldea», spiega il Card. Sako all’AgenSir, «siamo sempre stati contrari alla formazione di una milizia cristiana e ne abbiamo sempre denunciato la corruzione e il malaffare. Ci sono famiglie cristiane che ancora oggi non riescono a tornare nei loro villaggi della Piana di Ninive, come Qaraqosh e Tel Keif, a causa della presenza della Brigata Babilonia».



Qui il Patriarca appena disconosciuto dall’Iraq fa riferimento alla milizia cristiana filo-iraniana che da mesi ormai ha preso di mira con campagna «diffamatoria umiliante» contro il cardinale e Patriarca. «Sempre oggi – aggiunge Sako – abbiamo saputo che il segretario della nunziatura ha incontrato il presidente Rashid e, al di là delle dichiarazioni di quest’ultimo, attendiamo di confrontarci con la Santa Sede. Ripeto: qui è in gioco la vita e la presenza dei cristiani in Iraq». Il cardinale caldeo si dice convinto: «Non si tratta di un attacco alla mia persona, io non posseggo nulla, ma a tutti i cristiani del nostro Paese. Ho l’impressione che qui si voglia creare un clima di paura e di tensione per questioni di potere. Ecco perché i cristiani stanno rispondendo con proteste ovunque, a Erbil, Al Qosh, nella Piana di Ninive, a Kirkuk, a Baghdad». Il rischio forte, conclude il Card. Sako nella sua nota pubblica, è che si vogliano «espropriare i beni della Chiesa», rimarcando che come cristiani «continueremo a batterci contro questo provvedimento in ogni modo legale possibile. Da parte mia non smetterò di lavorare per il bene della Chiesa da Erbil. Chiedo aiuto a tutti, Vaticano compreso, per trovare una soluzione». Secondo diverse fonti raccolte da AsiaNews e secondo quanto affermato nella nota dallo stesso Sako, i beni ecclesiastici sono da tempo nel mirino di Rayan al-Kildani (“il Caldeo”), sedicente leader cristiano a capo della Brigate Babilonia.