La procura di Milano ha chiesto una condanna a 4 anni di carcere per Irene Pivetti, a processo per evasione fiscale e autoriciclaggio. La vicenda riguarda alcune operazioni commerciali avvenute nel 2016 del valore di 10 milioni di euro circa, tra cui la compravendita di tre Ferrari Granturismo che, a detta dell’accusa, sarebbe stata usata per il riciclaggio di proventi arrivati da illeciti fiscali. Nella formulazione della sua richiesta di condanna, il pm di Milano ha precisato che deve essere “senza attenuanti” generiche e deve ricevere anche una multa da 10mila euro, visto che Irene Pivetti avrebbe dovuto mostrare sensibilità agli obblighi di legge, alla luce del suo passato nelle istituzioni, che infatti conosce proprio dall’interno, essendo stata presidente della Camera, terza carica dello Stato, e beneficiaria di un vitalizio che viene pagato dai cittadini.



Il pm ha rimarcato anche la mancata collaborazione dell’imputata, ricordando che ad esempio nell’interrogatorio durante le indagini non ha risposto alle domande degli inquirenti, mentre in aula, nell’udienza in cui ha respinto le accuse, ha fornito una “ricostruzione confusa” di una vicenda da cui ha tratto “un guadagno in modo occulto“. La procura di Milano per questa vicenda ha chiesto altre tre condanne, una a 3 anni per Leonardo Isolani, ex campione di Gran turismo, l’altra per la moglie Manuela Mascoli e la terza per la figlia di lei, Giorgia Giovannelli, l’unica per la quale è stato chiesto il riconoscimento delle attenuanti generiche.

“HA NASCOSTO AL FISCO OPERAZIONI DA 10 MILIONI”

L’inchiesta ha ipotizzato un ruolo di intermediazione da parte della società Only Italia, che è riconducibile a Irene Pivetti, nelle operazioni del Team Racing di Isolani, il quale avrebbe voluto nascondere al fisco alcuni beni, come le tre Ferrari che sarebbero state coinvolte in una finta vendita al gruppo cinese Daohe, per poi essere mandate in Spagna per venderle. Nel capo di imputazione si riporta che l’unico bene che è stato ceduto davvero ai cinesi sarebbe stato il logo della Scuderia Isolani abbinato a quello Ferrari.

Secondo l’accusa, l’obiettivo dell’ex pilota di rally e della moglie era quello di dissimulare la proprietà dei beni per sottrarli al fisco, invece quello di Irene Pivetti era di comprare il logo Isolani-Ferrari per venderlo a un prezzo 10 volte superiore al gruppo cinese, senza apparire in prima persona. Di fatto, per la procura di Milano, l’imputata avrebbe acquistato il marchio per 1,2 milioni per cederlo ai cinesi a 10 milioni. Quindi, le società erano scatole vuote che servivano come “schermo giuridico“. La sentenza è prevista il 26 settembre.

CHIESTO IL RINVIO A GIUDIZIO PER IL CASO MASCHERINE

Invece, martedì il pm di Busto Arsizio Ciro Caramore nell’udienza davanti al gup Anna Giorgetti ha chiesto che Irene Pivetti vada a processo per il caso mascherine. In questa vicenda l’ex presidente della Camera è accusata a vario titolo, con la figlia, il genero, l’imprenditore Luciano Mega e altre persone, di frode in forniture pubbliche, bancarotta, appropriazione indebita, riciclaggio e autoriciclaggio in riferimento all’acquisto dalla Cina di mascherine per un valore totale di 35 milioni di euro durante l’emergenza Covid. Per l’accusa ne sarebbero state consegnate per 10 milioni, di qualità scarsa, praticamente non utilizzabili e con un falso marchio CE. La decisione del gup, in questo caso, è attesa per venerdì prossimo.