Si è conclusa la primissima fase delle indagini a carico di Irene Pivetti – che in passato presidente della Camera – per la finta compravendita di tre Ferrari organizzata al solo fine (almeno: secondo l’accusa) di riciclare del denaro proveniente da attività illecite: l’ex deputata è finita a processo assieme all’ex pilota Leonardo Isolani e a moglie e figlia di quest’ultimo – rispettivamente Manuela Mascoli e Giorgia Giovannelli -; ma mentre Irene Pivetti è stata condannata dal Tribunale di Milano a 4 anni di reclusione, i due coniugi ne dovranno scontare solamente 2 e la figlia è stata completamente assolta dalle accuse.



Prima di arrivare al caso che si creato attorno alla figura di Irene Pivetti, è interessante soffermarci sulle dichiarazioni rilasciate dall’ex presidente della Camera subito dopo il processo nella quali promette che questa “è solamente la fine del primo tempo” e che prestissimo – forse dopo la pubblicazione delle motivazioni di cui si dice “molto curiosa” – farà “appello”: l’ex deputata ci tiene anche a denunciate “l’accanimento e la persecuzione giudiziaria” nei suoi confronti, ritenendosi vittima di “un processo iniziato per creare risonanza mediatica” che mirerà a “smontare riga per riga” nelle dovute sedi dei tribunali milanesi.

Di cosa è accusata Irene Pivetti: tutto il caso ricostruito dall’accusa

Tornando indietro nel tempo, le indagini su Irene Pivetti – e tutto il resto della compagnia – affondano le loro radici nel 2016 quando una società riconducibile alla donna (tale Only Italia) fece da intermediario per la compravendita della scuderia di Isolani – che comprendeva le tre Ferrari citate in apertura, un autotreno, il sito internet, alcuni pezzi di ricambio e il logo Isolani-Ferrari – poi ceduta alla società cinese More & More Investment: l’acquisto era stato fatto con circa 1,2 milioni di euro, mentre la rivendita a qualcosa come 10 milioni.

Secondo l’accusa, nessuno degli oggetti rivenduti dalla società di Irene Pivetti – escluso il logo – venne mai veramente spedito in Cina: il sito non esisteva, l’autotreno era già stato sequestrato dalla Guardia di Finanza (dato un debito con il fisco di circa 5 milioni di euro che pende sulla testa di Isolani) e le tre Ferrari erano state nel frattempo trasferite in Spagna in cerca di un qualche acquirente. Con questo intricato meccanismo i coniugi Isolani sarebbero riusciti a nascondere un’ingente parte delle loro disponibilità finanziarie al Fisco, mentre Irene Pivetti avrebbe svolto la funzione di facilitatrice dell’operazione illecita.