CHI È ISABEL ALLENDE?

Da pochi giorni è uscito l’ultimo romanzo di Isabel Allende dal titolo “Lungo petalo di mare”, edito da Feltrinelli. “La crisi non si risolve con i militari nelle strade, servono cambiamenti profondi”, dice la scrittrice riguardo il modo in cui il sistema neoliberista e la privatizzazione di utenze, mezzi pubblici e istruzione abbia contribuito a creare una società in cui la diseguaglianza è più che evidente. “La maggioranza è costretta a vivere a credito o in povertà mentre i ricchi evadono le imposte ed accumulano denaro. Così si crea la violenza che inevitabilmente scoppia. Così sono cominciate tutte le rivoluzioni”, aggiunge ancora. Oggi Isabel Allende sarà ospite de Le parole della settimana per parlare del suo ultimo lavoro e di quanto ha visto con i suoi occhi, delle emozioni vissute sulla sua pelle nel Paese.



ISABEL ALLENDE, IL SUO RAPPORTO CON IL CILE

Continua il tour in Italia della scrittrice Isabel Allende per promuovere il suo ultimo libro, “Petalo di mare”. Nei giorni scorsi è stata a Milano e poi a Torino, incontrando i fan per parlare di quella storia di immigrazione e guerra, di amore e poesia che ha scelto di ambientare nel secolo scorso, trasformandola in qualcosa di estremamente attuale. “Io sono nata in Perù – spiega -, ho vissuto pochi anni in Cile e poi mi sono trasferita negli Stati Uniti. Eppure se mi chiedono di dove sono, dico sempre che sono cilena. Non so il perché, ma il Cile ha un magnetismo al quale è difficile resistere”, scrive nel suo “Il mio paese inventato”, l’autobiografia pubblicata nel 2003. La Allende si trova subito coinvolta e travolta dalle manifestazioni contro il governo iniziate pochi giorni fa.



LA TRAGEDIA DEI MIGRANTI E DEI RICHIEDENTI ASILO

La storia che racconta nel nuovo romanzo invece le è nota già da 40 anni, ma prima di adesso non ha mai sentito il bisogno di scriverla. “Ora la tragedia dei migranti e dei richiedenti asilo è entrata nella coscienza collettiva”, dice l’autrice. Al centro la storia il medico Victor Dalmau e la moglie Roser, ma anche quella Pablo Neruda. Persone costrette all’esilio, una piaga che la Allende conosce in prima persona. “Sono figlia di un diplomatico, sono abituata fin da piccola a dire addio al posto che chiamo casa”, dice, come riporta l’Ansa. Oggi si sente una privilegiata grazie al trasferimento in America, ma continua a lavorare con la sua fondazione per combattere la violazione dei diritti umani che ruota attorno alla frontiera che divide Stati Uniti e Messico.

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